Avevo lasciato i
Magick Touch ai tempi del loro promettente e un po’ sfocato esordio, mentre era toccato all’esimio “collega”
Ermo valutare il secondo albo come l’espressione di una formazione di valore, ma leggermente derivativa.
Ora, alla luce di quanto ascoltato in questo “
Heads have got to rock’n’roll”, emerge abbastanza netta l’impressione di un gruppo cresciuto in convinzione e lucidità, che non nasconde per nulla la sua grande passione per i “classici” (Thin Lizzy, Budgie e Kiss, in particolare), trattati con devozione e sensibilità, grazie ad una cultura specifica non semplicistica.
Ne scaturiscono quarantatré minuti di musica in cui, sebbene non sia difficile individuare brandelli dei numi tutelari del trio nordico, la vocazione a certi suoni appare genuina e lontana dalla “posa”, libera di esprimersi attraverso l’indispensabile copiosa dose di
feeling.
Aperto dalle adrenaliniche scosse metalliche (Thin Lizzy
meets Saxon) di “
(This isn’t) your first rodeo”, il programma avvolge l’astante nelle spire coriacee e liquide di “
Watchman’s requiem” per poi piazzare con “
To the limit” un autentico inno all’irresistibile “purezza” del
Rock n’ Roll, di fronte al quale anche l’appassionato più esigente non può far altro che capitolare.
“
Love is a heart disease” appare come una mistura acida di AC/DC e Kiss (quelli con
Gene Simmons al microfono ...), “
Ready for the quake” si spinge con immutata qualità fino ai suadenti territori
hard-blues, mentre in “
Bad decisions” i
Magick Touch concentrano tutta la loro sentita ammirazione per
Phil Lynott, un artista davvero straordinario e seminale, mai troppo celebrato.
“
Phantom friend”, con le sue atmosfere crepuscolari e cangianti (vagamente alla Alice In Chains), offre un’altra sfumatura dell’approccio alla materia dei norvegesi, che con “
Waiting for the parasites” e “
Daggers dance” riprendono a sfruttare con efficacia l’immarcescibile lezione Kiss-
iana e in “
Doomsday I’m in love” finiscono per aggiungere i Black Sabbath alla rigogliosa congrega dei loro “buoni maestri”.
In una scena contemporanea in cui “inventare” qualcosa è davvero arduo, i
Magick Touch riescono in un’impresa impraticabile per i tanti abulici plagiari che la infestano … resuscitare, per merito di un felice “tocco magico”, i migliori
cliché del genere (tra i quali, però, non c’è sicuramente la dozzinale copertina del disco …) e restituirceli con innata vitalità ed energia … ben fatto.
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