Copertina 9

Info

Past
Genere:Death Metal
Anno di uscita:1986
Durata:32 min.
Etichetta:Chainsaw Murder

Tracklist

  1. HYMN TO AMABRELIN
  2. MESSIAH (EXTRA VERSION)
  3. ANARCHUS
  4. SPACE INVADERS
  5. THRASHING MADNESS
  6. FUTURE AGGRESSOR
  7. EMPIRE OF THE MADNESS
  8. TOTAL MANIAC
  9. THE DENTIST

Line up

  • Brögi: guitars, effects
  • Jazzi: drums
  • Tscosi:vocals, bass

Voto medio utenti

Nel 1986, in Svizzera, lontano da ogni forma di mainstream, una delle band più malsane ed estreme mai concepite dava alle stampe il proprio esordio discografico. La band in questione erano i Messiah, composti da Brögi (chitarra), Jazzi (batteria) e Kühne (voce e basso), con lo splendido e innovativo debut album “Hymn to Abramelin” distribuito dalla Chainsaw Murder.
Sorprendente notare, oltre alla violenza ed estremità sonora per l’epoca difficilmente eguagliabile, la quantità di elementi “nuovi” proposta dai Messiah nella loro interpretazione del Thrash Metal, il quale viene spinto oltre ogni limite approdando a lidi Death, quando ancora, si noti bene, il genere non esisteva, o comunque era ai suoi primi vagiti (i Possessed erano i più vicini alla sua forma odierna). Tuttavia l'elemento che più contraddistingueva i Messiah, rendendoli all’avanguardia, era l’esser riusciti a protendere il Thrash non solo nella direzione del Death e del Black Metal, ma l’aver incorporato nella loro formula, seppur non ancora sistematicamente, la lentezza e la pesantezza del Doom di matrice sabbathiana; cosa che in ambito estremo era ancora poco comune, ma che ben presto verrà assimilata a pieno e “codificata”, se così si può dire, da gruppi come Obituary, Incantation e Autopsy, sul fronte statunitense, e da band come gli Asphyx su quello europeo.

Musicalmente il disco affonda le sue radici nel Thrash Metal più grezzo e violento, influenzato dall'aura nera di Bathory, Celtic Frost, Venom ed Hellhammer.
Riff di chitarra taglienti ed essenziali sono accompagnati da un drumming ossessivo, minimale, caratterizzato dai caratteristici tupa tupa che si inoltrano ai limiti del blast beat, supportati da feroci tappeti di doppia cassa. È presente anche una forte componente Hardcore, quasi Grind, che dona un tocco di follia allucinata a tutto il platter.
Interessante anche il ruolo del basso di Kühne, che se nelle partiture più veloci si dilegua, riesce invece a ricavare il suo spazio con una certa corposità nei frangenti più cadenzati.
Da notare le "attraenti" atmosfere "monocorde" create dai tre, le quali richiamano le soluzioni tipiche di un certo Metal norvegese che di lì a poco prenderà campo.
In tutto questo si "destreggia" la voce di Kühne, vero e proprio punto di forza della band. È difficile descrivere il suo stile, in certi frangenti ricorda quel che verrà in seguito con John Tardy e con Van Drunen, in altri rimane ancorato al cantato sguaiato tipico delle band estreme di quei tempi. Sicuramente uno stile originale e completamente folle: ascoltare per credere.
Il disco scorre rapidamente – nove tracce per circa trentadue minuti – senza cali di tensione, i brani sono tutti di alto livello e piuttosto omogenei tra loro.
Gli apici del disco, e forse le più rappresentative, sono: "Messiah" con la sua devastante furia Thrash; la splendida "Anarcus" dalle venature Hardcore, sapientemente intrecciate con pesanti rallentamenti; la cadenzata "Space Invaders" che si muove su lidi decisamente Death, e la conclusiva, quasi "progressive", "The Dentist" (dalla durata di oltre 8 minuti), vera e propria summa del sound dei Messiah.

Per quel che riguarda le liriche dobbiamo segnalare che l'album, molto probabilmente, quantomeno per il titolo, era ispirato dal "Libro di Abramelin" o "La Magia Sacra di Abramelin il Mago"(1458), di Abraham Ben Simon, un libro di magia per l'appunto. I testi sono dissacranti e provocatori, a tratti si coglie una certa ironia, basti pensare al parlato iniziale della title track: <<Good people and bad musician>>. La maggior parte dei brani è introdotta con questa formula, ovvero con un parlato baritonale, sontuoso, che conferisce un'aura "spirituale" demoniaca a tutto il lavoro.
La produzione del disco, affidata a M. Suremann e agli stessi Messiah, è estremamente scarna, dal gusto decisamente analogico e piuttosto approssimativa, sicuramente perfezionabile; il che ha giocato a sfavore del riconoscimento che "Hymn to Abramelin" meritava...
Ma come spesso avviene, le perle nere più belle, ai loro albori restano incomprese.

Recensione a cura di DiX88

Recensione a cura di Ghost Writer

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