Arrivati quasi dal nulla volando sulle ali della
Frontiers Music, questi cinque francesi atterrano spada in mano sulla mia scrivania e si apprestano a mettere a ferro e fuoco lo stereo con il loro metallo infuocato.
A dispetto di un'età non proprio giovanissima, i
Rising Steel riescono a partorire un secondo lavoro che consacra la loro fede nel metallo. Sí perché i nostri arrivano da una gavetta che (per alcuni componenti) è partita negli anni '90, fatta di diverse piccole formazioni e, dopo un disco di debutto datato 2016, hanno oggi l'occasione della vita.
Fight Them All è un concentrato di metallo roboante in cui la sperimentazione è messa al bando, le contaminazioni sono vietate e l'unica regola è quella di suonare canzoni fatte con un cuore d'acciaio.
C'è solo una piccolissima concessione sulla quale tornerò tra poco.
Sa da un lato i modelli a cui i
Rising Steel si ispirano sono immediatamente individuabili in
Saxon, Priest, Primal Fear, Accept (ed un tocco di
Helstar) ecco che la band è brava nel metterci la sua personalità riuscendo a creare 54 minuti classici sí ma assolutamente coinvolgenti ed ispirati.
Questi ragazzi on hanno nessun bisogno di scimmiottare produzioni lo-fi ottantiane che vanno di moda ultimamente, anzi, i suoni sono potentissimi, pieni, belli grossi ma non di plastica. Ad un primo impatto si potrebbe infatti fare l'errore di buttarli nel calderone del "bombastico" ma non è cosí, qui di contenuto ce n'è tanto. Ci sono chitarre ciccione e ispirate che prendono a schiaffi con dei riff assassini (
"Steel Hammer",
"Savage" sono bombe totali), c'è una sezione ritmica quadrata e precisa, con una batteria che evita "l'effetto elicottero" per tutto il disco, ci sono strutture semplici ma non sempre convenzionali o prevedibili. E poi c'è lui,
Emmanuelson. Il singer francese è una forza della natura che con la sua voce calda, potente e mutevole, interpreta le canzoni al meglio mettendoci tanta passione. Le sue linee sono sempre ispirate e vanno a ripescare talvolta quelle del compianto
Warrel Dane (esemplificativo l'inizio di
"Blackheart") e... dei
Nevermore c'è anche qualcosa di più.
Come accennavo qualche riga sopra, alcune concessioni sul groove e su canzoni meno "classicamente metal" sono piccole "deviazioni" che aumentano la varietà dell'album (tipo l'accoppiata centrale
"Gloomy World" e
"Malefice") anche se non sempre risultano coinvolgenti. Oltre a tanto metal classico suonato in chiave attuale e oltre a qualcosina della band di Seattle, riesco a percepire anche certo metal americano alla
Helstar, soprattutto in pezzi come la conclusiva
"Master Control". Tutti questi elementi fanno di
Fight Them All un album completo e fresco, cosa per nulla scontata quando si parla di un genere ortodosso e codificato com l'HM classico.
Gli unici aspetti un pochino negativi di questo lavoro posso ricondurli ad una scaletta che si siede un pochino nella seconda parte del disco (ci vorrebbe un brano veloce a spezzare), a certe parti sui tempi medi non sempre convincenti e ad una durata di 54 minuti che considero un pochino eccessiva per un'uscita di questo tipo.
Con due brani in meno ed una canzone più speed nel "lato B" parleremmo di un disco bomba, sono invece a raccontarvi "solo" di un gran bel disco che ci fa entrare nel modo migliore nella stagione metallica post-estate.
Provate pure: