Copertina 5,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:64 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. WINDOW TO THE SOUL
  2. NEW JERUSALEM
  3. HEAVEN CAN WAIT
  4. WRITTEN ON THE WIND
  5. I BELIEVE IN YESTERDAY
  6. THE OBJECTOR
  7. ALL MY LIFE
  8. GOLD
  9. SINCE YOU’VE BEEN GONE
  10. TAKEN DREAMS

Line up

  • John Payne: vocals, bass, guitar
  • Guthrie Govan: guitar
  • Ryo Okumoto: keyboards
  • Jay Schellen: drums

Voto medio utenti

C’è più di una costola dei mitici Asia in questo nuovo progetto dal nome “satellitare”… I Gps, infatti, nascono dalla mente del dotato singer/bassman John Payne, che, dopo aver dato vita e voce agli ultimi 5 lavori della band succitata, si vede costretto a ripiegare su un progetto alternativo, a causa della reunion della line-up originaria degli Asia. Motivo per il quale, il nostro si circonda di due sessionmen “Asiatici”, e nientemeno che di Ryo “Spock’s Beard” Okumoto alle tastiere. Il risultato, “Window to the soul”, è un disco ben suonato e prodotto, intessuto di robusto ma melodico Hard rock/Soft metal (fate voi), il quale, però, risente negativamente di una certa “stanca” in fase creativa, regalandoci un lavoro poco variegato, omogeneo e velato di una malinconia di fondo che, se in certi momenti ben drappeggia le tonalità dei pezzi, a volte risulta quasi fine a se stessa, appesantendo le lunghe composizioni con un’atmosfera scomoda e obnubilante. I pezzi forti del lotto? Di certo la track n°3, “Heaven Can Wait”, catchy e dalla fibra robusta, come l’arabeggiante “The Objector”. Nella restante tracklist, le canzoni tendono ahinoi ad assomigliarsi tutte, vuoi per la già ricordata carenza di idee, vuoi per la altrettanto già menzionata venatura “grigia” del platter, vuoi per una scelta metronomica stranamente troppo ripetitiva nelle varie songs. Emerge dai plumbei flutti la qualità dei suoni del signor Okumoto, che quanto a Moog e Hammond ha davvero poco da imparare; il resto rimane in un limbo, sospeso tra la voglia di dimostrare una classe che di certo non manca, un cantato rauco ma energico e di qualità (mi ricorda a volte un certo Ronnie James Dio…), ed un bisogno di affermare la propria indipendenza da una band come gli Asia, band dal monicker corto ma dall’ombra lunga, lunghissima, forse troppo.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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