Il ritorno degli
Hittman sulle scene musicali mi fa particolarmente piacere, anche in un’epoca dove tali circostanze sono ormai all’ordine del giorno.
Autori di un debutto eponimo piuttosto intrigante, votato al
melodic-power americano, i
newyorkesi tentarono di rendere più creativa e “moderna” la loro proposta con uno dei dischi più sottovalutati della storia del genere, quel “
Vivas machina” che in pochi, me compreso, considerano un fascinoso “esperimento” di contaminazione tra
metal,
prog e
hard-rock.
Ora a distanza di ben ventisette anni dall’incompreso secondo lavoro della
band è scontato chiedersi quale sarà l’orientamento artistico di questo nuovo, nonostante tutto abbastanza inatteso, “
Destroy all humans”.
Ebbene, gli
Hittman tornano sul “luogo del delitto” rispolverando l’approccio iniziale della loro parabola artistica, sfornando un albo di solido
U.S. metal, sulla scia di Queensryche, Fifth Angel e Crimson Glory, tre nobili effigi immortalate ai loro esordi nel
sound di questi godibilissimi quarantadue minuti di scintillanti cromature melodiche.
Scoprire che due brani del programma ("
Out in the cold" e "
Code of honour") risalgono addirittura a un periodo precedente l’esordio su SPV, avvalora ulteriormente le scelte espressive di un gruppo che evidentemente “bruciato” da un tentativo evolutivo di scarso successo, preferisce andare sul “sicuro”, sfruttando altresì un momento storico in cui la “nostalgia” sembra essere più forte della voglia di “rinnovamento”.
Ne scaturisce, come anticipato, un pregevole esempio di
metallo melodrammatico e
anthemico, pilotato dall’ugola
Dio/Tate-iana di
Dirk Kennedy e sostenuto da musicisti capaci e ispirati, sempre molto focalizzati nel fare la cosa giusta al momento giusto.
Al resto provvedono composizioni parecchio coinvolgenti, a partire da una
title-track che, con il suo clima ombroso e il
riff attanagliante, aggredisce fin da subito i sensi degli appassionati del settore, soggiogati anche dalla successiva “
Breathe”, un cadenzato evocativo e possente, capace di sviluppare con innato buongusto una struttura armonica di certo tutt’altro che rivoluzionaria.
Che dire, poi, di “
The ledge”, se non che si tratta di una pregevole rilettura dei primi Queensryche eseguita con sensibilità e tensione emotiva? Una definizione, questa, che si rivela ancora più confacente alle suggestive “
Code of honour”, “
Out in the cold” e “
Love, 'The assassin'”, in cui l’operazione di assimilazione dei
Maestri di Seattle appare ancora più evidente e non per questo fastidiosamente “sfacciata”.
“
Total amnesia” è una cavalcata epica che si spinge fino alle radici “istituzionali” del genere (Iron Maiden), mentre “
1000 souls” aggiunge all’impasto sonico poderoso ed enfatico una melodia di grande presa, esaurendo, così, le annotazioni di una scaletta agile e funzionale, da godere dal primo all’ultimo istante.
Dopo avervi consigliato “
Destroy all humans”, non mi rimane che indirizzare un caloroso in bocca al lupo agli
Hittman, una formazione che in passato ha sicuramente raccolto meno di quanto meritava e che con un adeguato sostegno potrebbe trovare anche il “coraggio” di riprovare a scardinare taluni stereotipi dell’
heavy metal, dei quali tuttavia rimane, è bene ribadirlo, un’eccellente promotrice.