Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2020
Durata:32 min.
Etichetta:Lunar Apparitions

Tracklist

  1. THE FEAST ON THE MOUNTAIN
  2. PRINCE OF THE CULLING TIDE
  3. RITUAL OF CESSATION OF FORMS
  4. WOLF AGE

Line up

  • Grond Nefarious: drums, bass, vocals
  • Goatlord: guitars, vocals, lyrics

Voto medio utenti

I Malus Votum sono americani e suonano black metal.
Nella loro musica, però, di riferimenti al "classico" USBM, etichetta che, andando a stringere, identifica il modo, piuttosto originale, con il quale gli artisti a stelle e strisce interpretano il metallo nero, non ve ne sono poiché il duo punta, decisamente, il suo sguardo al passato e verso il Nord Europa.
Questo debut album, del resto, non a caso, si intitola "Tradition": aspettatevi, quindi, black metal lo-fi, crudo, cruento e grezzo che, a mio modo di vedere, pesca intelligentemente dalla scuola finlandese di Satanic Warmaster e Horna, andando ad aggiungere una componente molto vagamente (molto) depressive ed una capacità notevole di creare atmosfere maligne e dense di fumo nero come accade, ad esempio, nella bellissima "Prince of the Culling Tide" o, in genere, durante i momenti più rallentati (con il classico 4/4 burzumiano a farla a padrone) che costituiscono le cose migliori del dischetto.
"Tradition", pur durando solo poco più di mezz'ora, o forse proprio per questo, è un lavoro nerissimo, sostenuto da un riffing tagliente e mortale, da atmosfere sulfuree, e da una interpretazione vocale che, pur standard per il genere, riesce a trasmettere inquietudine e malvagità, elementi questi che, messi tutti insieme, sottolineano le capacità di un gruppo che solo in superficie può essere etichettato come "superato" quando, in realtà, ha molte frecce al suo arco e sa perfettamente come scrivere e suonare un gran bel disco di VERO black metal senza rinunciare, tra le altre cose, ad inaspettate aperture "melodiche".
Ora sta a voi supportare realtà interessanti come queste o seguire le mode e preferire la plastica.
Vedete un po' cosa fare.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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