Rustorm - Death Valley Speed Trap

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:18 min.
Etichetta:Gunfire Records

Tracklist

  1. DEATH VALLEY SPEED TRAP
  2. SWAMP MIRROR
  3. STYMPHALIAN
  4. BLACK SKY

Line up

  • Rob Lewis: vocals, guitars & drums
  • Jules McBride: bass

Voto medio utenti

Finalmente ho tra le mani il debut EP dei Rustorm, band composta da due ex membri dei Pulkas, recentemente intervistati e che avevano anticipato questo “Death Valley Speed Trap”.
Jules Mcbride e Rob Lewis non hanno dimenticato come si fa musica abrasiva, acida, con un groove che ti prende allo stomaco, perennemente in tensione, nervosa e claustrofobica. Tutti elementi che rendevano i Pulkas non la solita nu metal band del periodo e facevano grandissimo quel capolavoro di “Greed”.
I 18 minuti, per le quattro tracce, di questo EP, dicono abbastanza sulle qualità e sulla direzione del suono dei nostri.
Ho l’onore di essere stato il primo che ha avuto l’opportunità di sentire le canzoni, che vado a descrivervi.
La title-track è groove metal fatto da chi quel suono lo aveva già nel proprio DNA 25 anni fa, giocata su un riff che ti entra subito in testa alternato a stacchi cupi e violenti sui quali si staglia il ritornello. Gli echi dei Pulkas sono evidenti, ma è altrettanto evidente che manca qualcosa per raggiungere quei livelli.
La successiva “Swamp Mirror” rallenta il mood, si fa più minacciosa, ha un retrogusto industriale nel suo lento cinematismo sincronico e sa come mettere a disagio l’ascoltatore.
Stymphalyan” è forse la canzone più debole del lotto, pur avendo una discreta carica acida e lisergica è penalizzata da un ritornello e una prova vocale loffi, non all’altezza.
Torniamo a salire con “Black Sky”, ruvida e abrasiva, con echi stoner e un groove che pulsa profondo nel ritmo dalle movenze pachidermiche spezzato solo dall’urlo del singer e da una parte strumentale pesante e acida.
Un buon ritorno per i nostri dopo anni di silenzio, sperando che i loro vecchi compagni si facciano vivi per tornare ai bei tempi di fine anni ’90.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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