Emersi a San Francisco intorno al 2011, gli psycho-monsters
Mountain Tamer hanno poi spostato la loro base a Los Angeles, pubblicando nel frattempo due album: l'esordio omonimo per Argonauta (2016) ed il successivo "Godfortune/Dark matters" per Nasoni Records (2018). Per il terzo full-length , il presente "
Psychosis ritual" hanno nuovamente cambiato etichetta, visto che esce per
Heavy Psych Sounds.
Fautori di una neo-psichedelia "dura" molto debitrice a nomi storici come Hawkwind e Blue Cheer, in questo album macinano in maniera cattiva ed aggressiva riff distorti, ritmiche pesanti, acidità oscura, vaghe vibrazioni orientali e tossicità prettamente californiana. In sostanza, tre surfers sballati da un trip salito male. Immaginatevi i Fu Manchu che coverizzano, strafatti, dischi come "Vincebus eruptum" o "In search of space" e vi avvicinerete molto al sound di questo trio.
Brani ipnotici, rugginosi, stordenti, gravidi di una heavy-psichedelia che profuma di antico, come la title-track o "
Chained", ma anche di nuova generazione psych vedi Datura4, Turtle Skull, Kal-El, Ecstatic Vision. Quando pigiano sul pedale della potenza ("
Warlock") sembrano quasi una band sludge-doom/post-metal alla Sons of Otis per quelle vocals oscure ed effettate che aumentano il senso di oppressione e soffocamento. Cazzimma da headbanging.
In altri momenti puntano maggiormente sugli elementi lisergici e tossici ("
Turoc maximus Antonis", "
Scorched earth") con risultati non meno devastanti. Punte di pesantezza heavy-doom/noise al vetriolo, ma anche strutture strumentali che ricordano lo stoner. Mortiferi, paludosi e drogati. Nessun compromesso, heavy-music per cuori forti e palati avvezzi alla materia. C'è qualcosa di punkeggiante, tagliente, sferzante in sottofondo, che rende questi brani più monolitici e rovinosi di quello che ci si potrebbe attendere. Band che suona massiccia ed incazzata, come dovrebbe essere sempre in questo ambito musicale.
Non nego che queste canzoni dilatate e tendenzialmente "free-form" alla lunga possano apparire un pò ripetitive, nel loro incedere torbido e spiraleggiante. Ma la band statunitense la sfanga comunque bene, perchè mischia con criterio la pesantezza con l'attitudine tossica, la rabbia con lo stordimento, gli echi settantiani con la compulsività contemporanea e nell'ambito neo-psych questo è quanto viene richiesto ad una formazione che vuole emergere dalla media.
In ogni caso, un lodevole gorgo ipnotico e sfibrante come la conclusiva "
Black noise" è sufficiente per concludere che i
Mountain Tamer hanno già raggiunto un ottimo livello di compattezza e consapevolezza dei propri notevoli mezzi.
Disco consigliato agli amanti del settore.
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