L’ho già confessato in passato, per me è veramente un’impresa improba “affrontare” un disco dei
Dark Quarterer senza affidarmi all’emozione che mi accompagna fin dal giorno in cui feci la loro conoscenza tramite la “bibbia”
Metal Shock, nel lontano 1987.
Da allora, la mia ammirazione per i toscani si è trasformata in autentica e fedele “venerazione”, grazie ad un percorso espressivo che, a dispetto di molte difficoltà, li ha condotti a essere autentici
Maestri del
Metallo Epico,
Oscuro e
Progressivo, finalmente riconoscibile e dal rilievo artistico di carattere planetario.
Ecco, dunque, che la mia disamina di “
Pompei”, primo lavoro dei nostri per la rinomata
Cruz Del Sur Music, sarà di nuovo, nonostante i propositi di un’analisi “giornalisticamente razionale”, fatalmente intrisa di emotività, un aspetto che comunque, a ben pensare, non ritengo oltremodo “sviante” per il lettore, proprio perché è la proposta sonora stessa del gruppo a sollecitare da sempre la parte più viscerale dell’animo dei
rockofili che non si accontentano solo di una “bella calligrafia”.
Insomma, “
Pompei” è l’ennesimo saggio della classe insuperabile e dell’immane forza espressiva di cui è dotato il quartetto italico, alimentate, oltre che da tecnica e talento, da una passione tanto radicata e condivisa da rendere il trascorrere del tempo una questione del tutto marginale.
L’albo, ispirato al libro di
Alberto Angela "
I tre giorni di Pompei", trasporta l’ascoltatore in un’atmosfera satura di attanagliante
suspence melodrammatica, in cui l’equilibrio tra spirito enfatico, energia e creatività appare inattaccabile e assolutamente asservito al ”valore superiore” della narrazione, straordinariamente coinvolgente e da cui affrancarsi è difficilissimo.
Come già accaduto prima in “
Symbols“ e poi in “
Ithaca” (senza voler “scomodare” il leggendario passato più remoto della
band …), personaggi e storie prendono vita attraverso le note magnetiche e fosche dell’opera, materializzando le inquietudini, le speranze, le paure e le ambizioni dell’uomo schiacciato dagli avvenimenti e dalla furia della natura, e in cui lo stesso vulcano diventa un’entità vivente e raziocinante, oppressa da un dolore profondo e bisognosa di una ciclica forma di catarsi dalle conseguenze tragiche e devastanti.
Lirismo, tensione, dramma e una fantasia compositiva mai fine a se stessa intridono un programma di rara, cupa e struggente bellezza, catturano l’attenzione dall’inizio alla fine e rendono veramente inopportune singole citazioni o dissertazioni su qualità tecnico / interpretative impossibili da confutare.
Mi limiterò, dunque, a esaltare per l’ennesima volta la maiuscola prova vocale di
Gianni Nepi, istigata da un
background formativo ampio e pienamente metabolizzato (ascoltatelo nelle avvincenti sfumature
Gabriel-iane di “
Forever”, per esempio …) e a rimarcare il sontuoso lavoro di
Francesco Sozzi, un musicista forse un po’ troppo sottovalutato e provvisto di un’enorme sensibilità esecutiva.
“
Pompei” è un disco grandioso sotto tutti i punti di vista (compreso l’
artwork realizzato da
Paolo Girardi), che chiede soltanto di essere ascoltato senza distrazioni, pervenendo così all’unica conclusione possibile … che i
Dark Quarterer sono un’eccellenza tricolore che merita il supporto incondizionato di tutti gli estimatori di quella magnifica forma d'arte chiamata musica.