Terzo album per i Texani
Warlung, uno dei tanti nomi interessanti della nostra ed ormai celebrata ovunque
Heavy Psych Sounds. Dopo "Sleepwalker" (2017) e "Immortal portal" (2019), esce il presente "
Optical delusions" che focalizza sempre meglio il brillante retrò-sound del quartetto americano. Prendete il rock settantiano di Black Sabbath e Led Zeppelin, aggiungete il proto-metal dei primissimi Saxon, Judas Priest e Iron Maiden, completate il tutto con l'atmosfera contemporanea ed un pò lunare di bands come The Sword, Horisont, Bible of the Devil, The Vintage Caravan, ed avrete un'idea abbastanza precisa di come suonano i
Warlung.
Che hanno un grande pregio: sanno scrivere belle canzoni. Brani eleganti, intensi, ricchi di vocals pulite e melodie raffinate, memorizzabili, ma altrettanto di rifferama energico ed assoli vagamente psichedelici. La rocciosità molto nwobhm dell'iniziale "
Phantasmagoria" si sposa con un mood ombroso e vagamente doomy che mi ha ricordato i Pagan Altar. Buona elettricità, svelta fluidità, assoli turgidi, retrogusto '70. Ottimo.
Molto più Sabbathiana la cadenzata "
Scorpion in the sand" (tipo Orchid, Causa Sui, ASG), col campanaccio alla Bill Ward ed una bella e suadente parte vocale, mentre "
Snake eyes" sembra un pezzo dei primi Judas suonato con attitudine stoner: groove caldo, trascinante, ritmato, con chitarre in primo piano.
"
Sun eater" sposta completamente la prospettiva precedente: ballad romantica e Zeppeliniana, dai contorni nebbiosi e malinconici, molto rarefatta e segnata da assoli lirici. Un pò diluita, ma ben fatta. Chiaro che questi ragazzi hanno studiato a fondo il passato e lo reinterpretano con il giusto spirito. Non troppo derivativi, ma saldi nel solco della tradizione.
Di rilievo anche la lunga "
Order of the solar temple": dark-hard-rock teso, con vibrazioni drammatiche e sofferte, un solido impianto strumentale classico e sufficiente freschezza.
Il disco si chiude con la robusta "
Hell on earth", la traccia più stonerizzata del lotto, l'heavy-blues "
Devil's game" dal taglio vagamente southern rock (mi ha ricordato qualcosa dei The Outlaws) ed il cadenzato e metallico incedere di "
No man's land", altro brano molto vintage che sembra un ibrido tra gli Zeppelin (parte vocale) ed i Molly Hatchet (parte chitarristica).
Una prova convincente, per una band che punta più sulla qualità ed il dettaglio del songwriting che sulle sensazioni puramente epidermiche. Album maturo, al quale manca davvero poco per raggiungere l'eccellenza, ma che può soddisfare pienamente chi apprezza le tante formazioni citate nella recensione e che ritroviamo, in maniera più o meno marcata, nel sound dei
Warlung.
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