I finlandesi
Dark Buddha Rising non sono più dei novellini e questo “
Mathreyata” è il loro settimo full-lenght che viene dopo il periodo più lungo di riflessione che la band abbia mai avuto tra un disco e l’altro, datosi che il precedente “
Inversum” è del 2015.
Tutto questo spazio riflessivo si traduce in un sound che si caratterizza per un drone doom avente un sostrato di musica dark che attinge anche alla musica ambient e che ha come proprio tratto più peculiare la capacità di creare atmosfere cosmiche e/o spaziali, con ampi tratti lisergici e psichedelici. Una canzone come “
Nagathma” è la perfetta rappresentazione di ciò che voglio dire.
Sezionare e quattro tracce di questo disco è operazione inutile e persino fuorviante, perché fanno parte di unico continuum spazio/temporale che, molto probabilmente, non ha un inizio e nemmeno una fine, rappresentando un viaggio nella ciclicità delle ere geologiche. Epperò la conclusiva “
Mahathgata III” è una canzone che, anche grazie a un voce femminile, è letteralmente sciamanica, rituale, esoterica, rappresentando l’altra anima, come testimoniano le foto di scena, della band finlandese, dedita a culti tanto ancestrali quanto innominabili.
La musica dei finlandesi è trasversale, è ricca di influenze, anche molto eterogenee, e da questo punto di vista è spiazzante. Invita a viaggiare, con la mente in primis, ma è un viaggio non comodo, un viaggio fatto di inquietudini ed irrequietezza, un viaggio alla fine del mondo, che ci porta sulle vette del Tibet a rimirare le stelle, le nebulose e le galassie, a farci andare alla deriva nello spazio profondo, nel nulla cosmico.
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