Avete voglia - alle soglie del 2021- di fare un balzo temporale in grado di riportarvi musicalmente indietro di...facciamo 1/4 di secolo nell'epoca d'oro di band quali
In Flames,
At The Gates e
Dark Tranquillity?
Se la risposta è affermativa mettete nel vostro lettore di dischi il debut omonimo del quintetto austriaco
Vermocracy e premete "play" senza indugiare.
I nostri nascono solo per l'anagrafe nel 2017 ma ancorano saldamente il loro suono a quello che ha reso caratteristico il death melodico nordeuropeo.
"
Vermocracy" dipinge un futuro distopico (ma neanche tanto, a bene guardare) in cui la moderna società si avvia verso il declino e l'inevitabile crollo, attraverso 9 tracce dall'impatto diretto, immediato e privo di qualsiasi modernismo. Il disco ha in sè il fascino del tempo andato, presenta le imperfezioni di un lavoro autoprodotto e proprio per questo offre un suono grezzo e meravigliosamente autentico e senza sovraproduzioni.
Le linee di chitarra sono affilate e cariche di violenza e -sorrette da una sezione ritmica quadrata e precisa- offrono il giusto terreno su cui l'ugola ringhiante e cattiva di
Michael Frick può fare a pezzi l'ascoltatore.
La titletrack e l'incalzante "
On Toxic Wings" sono certamente i punti forti dell'album grazie a ritmi trascinanti, riffing serrato e quel tocco di melodia nera che non deve mai mancare, così come da segnalare è la chiusura affidata ai ritmi più tranquilli ma quasi epici di "
Paradise Dystopia" che regala una carezza nostalgica a "
Moonshield".
In conclusione "
Vermocracy" ci offre la possibilità di un tuffo nell'epoca d'oro del melodeath senza la pretesa di stravolgerne nessun aspetto, ma con tante soluzioni personali che ne rendono l'ascolto fresco e piacevole.
"
I vecchi tempi sono i bei tempi" d'altronde.....
Vermocracy - "
Vermocracy"
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