Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:46 min.
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. HARD BEING ME
  2. HEAVENLY BODY
  3. SOME OTHER GUY
  4. WHO’S FOOLING WHO
  5. BLACK AND BLUE
  6. DRINK TOO MUCH
  7. WORLD CRUISE
  8. DOWN BY THE RIVER
  9. GOOD BYE YOU
  10. ROLLING MAN
  11. KINGSTON TOWN

Line up

  • Phil Mogg: vocals
  • Vinnie Moore: guitar
  • Pete Way: bass
  • Paul Raymond: keyboards, guitar
  • Andy Parker: drums

Voto medio utenti

Ciò che distingue una vera leggenda del rock dalle schiere dei normali praticanti non è soltanto il prestigio o la durata della sua carriera, il cumulo di dischi venduti o il conteggio dei concerti fatti e nemmeno l’aver firmato pagine indimenticabili della storia di questo genere musicale. La netta linea di demarcazione che separa le due categorie è invece la costanza di rendimento, l’aver mantenuto un profilo qualitativo elevato anno dopo anno, evitando i continui alti e bassi caratteristici dei gruppi di seconda fila.
Questo teorema è stato partorito dai tipi della Spv per la presentazione del nuovo lavoro degli Ufo, una delle formazioni più famose e longeve dell’odierna scena rock internazionale. Ma a differenza dal solito non si tratta di banale esaltazione a scopo commerciale, poichè c’è del vero nelle affermazioni della casa discografica tedesca.
La band dell’inseparabile coppia Mogg-Way è davvero rimasta a galla per oltre trent’anni in maniera sempre dignitosa, senza offrire mai il fianco alle accuse di essere solo un residuo del passato e stando ben attenta a non imitare i colleghi caduti nel ridicolo inseguendo mode giovanili assolutamente impraticabili. Nessun dubbio che per gli Ufo i giorni migliori ed irripetibili resteranno quelli dei lontani anni ’70, il periodo di collaborazione con l’allora imberbe talento Michael Schenker e degli storici successi “Force it” e “No heavy pettin”, ma è altrettanto vero che superata la crisi degli ’80 il gruppo è rientrato nel giro inanellando una serie di lavori validi, roba non eccelsa ma neppure scadente.
Altro merito che va riconosciuto ai britannici è quello di non essere oggi il solito nome glorioso pieno di volenterosi carneadi. Al contrario, con il ritorno del batterista originario Andy Parker, la line-up del presente album ricalca per i quattro quinti quella del mitico esordio omonimo datato 1970. Una bella dimostrazione di continuità ed anche, perché no, di una salda amicizia tra musicisti della stessa generazione.
Unico assente è il chitarrista Mick Bolton, che già all’epoca venne rapidamente eclissato dall’ascesa della stella Schenker, ed ora invece è splendidamente rimpiazzato da un altro grande interprete dello strumento come Vinnie Moore.
Questo “The monkey puzzle” è semplicemente l’ennesimo disco targato Ufo, niente di più e niente di meno. Una raccolta di brani in stile classico ed un po’datato, esempi da manuale di hard rock maturo che ammiccano alla patinata scuola americana (“Hard being me”), oppure si presentano più ombrosi e marziali alla maniera britannica (“Heavenly body”) o ancora semplicemente lineari e di buon gusto melodico (“Who’s fooling who, Drink too much”).
Ma c’è anche tanto blues, un ritorno alle radici musicali che ormai sembra diventato tappa obbligatoria per tutti quei veterani di lungo corso ancora in attività. E’ in pezzi come “Some other guy” o “World cruise” che il gruppo offre il miglior rendimento, mettendo in gioco l’enorme esperienza ma soprattutto una passione ancora intatta per la buona musica. Gli Ufo possiedono quello spirito che allontana il manierismo di routine e consente di realizzare momenti rockblues magari tradizionali, ma che vibrano ancora di intensità e trasporto. Ed è oltremodo logico e naturale che musicisti non proprio giovanissimi appaiano più a loro agio con questo andamento notturno e sofferto ma tutto sommato tranquillo, anziché con il fragore dell’hard massiccio ed irruento.
Quando poi nel disco subentra un po’di stanchezza, ci pensano le fiammate solistiche di Moore a ravvivare la situazione. Nel contesto il guitar-hero soffoca la propria tendenza al virtuosismo barocco e con tocco misurato riesce a garantire il travaso di fresca energia, fondamentale per una formazione più che stagionata.
Leggenda o meno, gli Ufo a trentacinque anni dal loro esordio hanno ancora grande rispetto del loro pubblico e non vivono soltanto di rendita per i meriti passati, atteggiamento meno scontato di quel che sembra. Anche l’ennesimo capitolo di una discografia sterminata contiene una manciata di canzoni che non deluderanno vecchi e nuovi fans.

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