È un sound elaborato ma mai eccessivo quello dei norvegesi
Meer. La definizione di
“alternative progressive pop orchestra”, per quanto fantasiosa, rende bene l’idea del contenuto di
“Playing House” che semplificando potrebbe ricordare certe cose dei
Big Big Train più accessibili (merito probabilmente dell’organico allargato), il gusto melodico più “nordico” di band come i
Dark Suns (anch’essi piuttosto numerosi a dire il vero) e la sperimentalità degli americani
Bent Knee (anche in questo caso, un ensemble senza dubbio corposo).
Ci sono momenti in cui emerge il violino (
“You Were A Drum”) e viene da pensare ai
Kansas, ma tutto il full-length è un susseguirsi di “rilanci” compositivi, dalle introduttive e riuscitissime
“Picking Up The Pieces” e
“Beehive” alle più soffuse sinfonie pop
“Honey” o
“Across The Ocean”, passando per le spigolose ma comunque orecchiabili
“She Goes” e
“Lay It Down”.
Chiude il cerchio una sorprendente cover di
“Here I Go Again” dei
Whitesnake, stravolta con intelligenza da un collettivo che non ha paura di osare. Bravi davvero.
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