Passato non molto tempo fa in Italia con il suo tour, Jon Oliva si fa risentire con il suo secondo disco solista, un ottimo lavoro che lascia trapelare energia ed emozioni, ma che offre poche sorprese. Anche se in realtà non è che se ne senta poi tanto il bisogno, l'importante è fare quello per cui si è portati, e Jon lo fa più che bene.
Nemmeno la AFM si smentisce con questo promo che, come è ormai d'abitudine per la label tedesca, ci viene offerto largamente mutilato. Peccato perché "Maniacal Renderings" sarebbe un album da ascoltare con la massima attenzione e non dovendo sbuffare ed imprecare ogni qual volta che una canzone viene accorciata e sfumata sulla successiva, con mixaggi che definire avventati sarebbe il minimo.
Per grazia ricevuta possiamo però ascoltare nella sua interezza perlomeno la stupenda opener "Through The Eye of the King", che si riallaccia apertamente alla storica "Hall of the Mountain King", ovviamente un classico dei Savatage. Ed è inevitabile finire con ritrovare tracce del sound della band madre di Jon Oliva, un musicista che ha sempre dimostrato di essere il vero cuore pulsante dei Savatage. Purtroppo la titletrack è qui riproposta in una versione accorciata di un minuto abbondante, sono comunque evidenti i toni teatrali ed epici, mentre "Evil Beside You" ha un taglio più drammatico con delle stupende parti di piano ed una performance estremamente versatile di Jon Oliva.
Dire che siamo a livello dei Savatage parrebbe una ripetizione... ma non se ne può proprio fare a meno! Seguono la più quadrate "Time to Die" e "Push It to the Limit" (un brano che mantiene tutte le promesse fatte nel titolo), inframmezzate da una "The Answer" che punta maggiormente sul feeling e sulle atmosfere. "Playing God", "Timeless Flight" (un gran bel lavoro di chitarra nella parte finale) ed "End Times" sono altri esempi delle capacità compositive di Jon Oliva, nuovamente teatrali e dagli interessanti spunti seventies, con arrangiamenti che talvolta possono ricordare i Queen ma anche i musicals. I ritmi si fanno maggiormente serrati con la sinuosa "Holes" (ancora un bel guitar solo) mentre la conclusiva "Pray for You Now" ci porge il lato acustico della band.
Un deciso passo avanti al comunque più che valido "Tage Mahal" (primo album dei Jon Oliva's Pain, 2004), dove emerge tutta la classe del cantante, ed ineguagliabile compositore, italoamericano.
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