È possibile esprimere, con parole e musica, l’ineluttabilità del destino? La fragilità dell’umana condizione? Il disincanto verso quel lungo sentiero che chiamiamo vita? È possibile descrivere la lenta agonia di ogni speranza, il suo lento sprofondare nel nulla, nell’infinita vacuità del tempo e dello spazio?
Non vi so dare una risposta certa, sicura, quel che però vi posso assicurare è che questo disco, “Un Mondo In Me”, ci va molto vicino. Neronoia nasce dalla collaborazione, già vista su “The Unsaid Words” dei Canaan, tra gli stessi Canaan e i Colloquio, e specificatamente tra i loro due mastermind, Mauro e Gianni.
Musicalmente c’è doom, c’è dark, c’è ambient, landscapes elettronici, ci sono reminiscenze gothic, ma passa tutto in secondo piano di fronte al lirismo poetico del tutto, alla struggente malinconia che trasuda da queste dieci tracce, ognuna senza un nome, semplicemente numerate. Il non plus ultra della spersonalizzazione, la disperata voglia di questi ragazzi di non dare riferimenti, così come fa la vita, che non dà certezze, che non fa sconti, che nutre le speranze per poi farle a pezzi.
Un paesaggio grigio, pieno di ombre, cupo, dai toni plumbei, dove tutto è rallentato, dove l’attimo che separa la foglia morta, dal ramo alla nuda terra, è un attimo che dura un’eternità.
I testi sono semplicemente spine che avvolgono il cuore, e lo stringono, fino a fare male, fino a che non avrà esalato l’ultima stilla di sangue, disperati, rarefatti, sussurrati, eterei.
Poche melodie, dolorose, sembrano venire da lontano, passarci accanto, e possiamo sentire solo il loro alito, perché sono già lontane, perse all’orizzonte, andate a morire dove il cielo e la terra si fondono inesorabilmente.
Questo disco è un’esperienza assoluta, annichilente, è cibo per l’anima, merita lacrime a profusione, merita un completo abbandono al suo incedere lento, catartico, ipnotico, fino a che la nostra psiche sarà completamente volta al nero, alla noia, all’inedia dei sentimenti, del sentire, oltre il quale c’è solo il nulla.
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