Quando ho scelto questo album, non avrei mai pensato che questi giapponesi avessero i piedi ben piantati in Europa.
Perché il Sol Levante è noto a noi per le discipline filosofiche orientali, le arti marziali, le tecnologie avanzate e anche per i cartoni animati, ma questo gruppo per chi ama il metal estremo a tutto tondo, verace, ma soprattutto con le lancette dell’orologio fisse temporalmente a metà anni 80 sarà sicuramente una goduria.
Io ho sbattuto la testa contro il muro, perché all’inizio credevo che fossero una band copia carbone, ed invece mi sbagliavo e sono molto felice di questo perché qui ci sta tanto amore per un certo modo d’intendere l’extreme metal.
Si parte con l’opener “
The cycle of pain” col botto, blast beats e un certo sentore di heavy metal; i riffing sono quanto di più classico e già mi ha fatto venire un sorrisone.
Grande apertura sporca, prodotta come un demo polveroso ma con tanta sostanza, il solo è da orgasmo.
Ma è con “
Yaksa” che ci si proietta dentro questo secondo album; i riffing e l’apertura in blast beats con chitarre serratissime e screaming cantinaro sembra ripescare dalla tradizione thrash made in Germany.
Il black/thrash dalle tinte speed qui viene anche sollecitato dagli acuti messi dal singer con un solo che è devastante.
“
Raizin”, viene introdotta da rumori temporaleschi ma quel riff ti fa letteralmente rizzare la cotenna perché richiama i
Venom dei tempi belli.
Questo è puro amore per gli eighties, sporco black metal primigenio che viene dalla
N.W.O.B.H.M. più sozza e corrotta; up tempo serrato con un chorus che ti invoglia a urlarlo.
Una rullata veloce ed ecco arrivare “
Reaper”, brano di puro speed metal al fulmicotone.
Il ruggito del singer e chitarrista
Asura è catramoso ma c’è tanto metal classico in questa formula e un solo calzante come pochi, come fare a non headbangare?
“
Hell’s evil bells”, non dura manco due minuti; tempestata black/thrash tellurica e devastante con una puntina di epica ma poco poco.
Riff maligni sputati dal più profondo abisso e ritmiche che non fanno prende pausa.
La titletrack comincia con un bell’arpeggino malsano in odor di
Possessed e tempi quasi doom, l’atmosfera sinistra è quasi palpabile.
Ma come un pugno sul muso arriva una deragliata in territori black/ thrash con marcia veloce e dinamica e riff grattuggiosi con il solito vocione sporco e grondante marciume; il solo è lancinante e perfetto per poi ecco riprendere la cadenza originaria.
Che dire se non che questo ritorno mi ha sorpreso in maniera più che positiva; i nipponici non saranno degli innovatori ma mettono passione e amano ciò che fanno e quindi bando alle ciance e comprate sto disco se amate il marciume estremo degli eighties come me.
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