I
Dread Sovereign sono il progetto doom di
Alan Averill (alias "Nemtheanga") dei Primordial, storica black-celtic metal band irlandese attiva dalla fine degli anni '80. Dopo aver realizzato due album per la piccola Vàn Records, "All hell's martyrs" (2014) e "For doom the bells tolls" (2017), i
Dread hanno firmato per la prestigiosa
Metal Blade e pubblicano per tale label il terzo lavoro: "
Alchemical warfare".
Non ci sono segreti nello stile del gruppo, propugnato fin dall'esordio: un ruvido, torvo, sulfureo doom/dark metal, con forti influenze ottantiane che vanno dai Saint Vitus ai Cirith Ungol passando anche per Venom, Bathory e Celtic Frost.
Se nel primo album era presente una decisa componente acida e fumosa, che rendeva il sound torbido ed ammorbante, in questo nuovo capitolo risulta più contenuta e limitata a specifici passaggi. L'impronta generale è diventata molto più severa, epicheggiante, horrorifica, con una ferrea densità che a tratti mi ha ricordato i Grand Magus o perfino gli High on Fire.
L'incedere possente ed implacabile, corredato di liriche occultistiche e demoniache, di brani come "
She wolves of the savage season", "
Nature is the devil's church" e "
Ruin upon the temple mount", mostra un taglio fortemente metallico da cavalcata dark eightees. Riff incalzanti e taglienti come lame di rasoio, coniugati con la voce sferzante e cattiva di
Averill e l'impetuoso solismo di
Bones, immersi in un atmosfera drammatica e ieratica, formano un maestoso tessuto heavy-doom fornito di piacevole retrogusto vintage. Le ritmiche battenti e battagliere ci accompagnano nella visione di un mondo oscuro, sanguinante, votato alla sofferenza ed alla disperazione, ma concedono anche spazio a divagazioni in odore di psycho-doom che arricchiscono ed abbelliscono il sound dei Dublinesi.
Altri brani portano alla mente analogie con nomi tutelari del genere (Trouble, The Obsessed), ma indubbiamente la carica grezza e selvatica di questa formazione evidenzia una personalità autonoma di ottimo livello. "
The great beast we serve" sembra un pezzo dei Candlemass suonato in maniera epica da un gruppo classic metal incazzato, mentre "
Her master's voice" propone un passo più lento e cimiteriale ma con vibrazioni psycho-tossiche assai stordenti. Qui l'ombra dei Black Sabbath è palese, ma ancora una volta gli irlandesi riescono a dare una propria impronta al brano. Esperienza, determinazione, grinta e cattiveria.
Per chi avesse ancora dei dubbi sulle radici musicali di questa band, in coda al disco troviamo la cover di
"You don't move me (I don't give a fuck)" dei seminali Bathory (da "Jubileum vol.I"). Un botto di thrash oscuro come la notte, sparato dritto sui denti con furia iconoclasta.
Una band convincente nella sua carica muscolare e debordante. Non eccelsi, ma sicuramente notevoli. I
Dread Sovereign innalzano fieramente la bandiera della commistione tra doom e metal, dove più che la lentezza sfibrante emerge la poderosità dell'insieme e le accellerazioni proto-thrash.
Ottimo lavoro, pieno di spunti interessanti.
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