Sono arrivato a "
Keepers of the Flame" al di fuori dei classici canali promozionali, infatti, tutto nasce dall'imbeccata di Leonardo Cammi, grande appassionato e fine conoscitore delle scena Hard&Heavy. Detto fatto, e acquistato direttamente dal mailorder della
Fighter Records, l'esordio di questa formazione statunitense mi ha davvero colpito... già, come dicono loro stessi: "
Drop The Hammer".
I
Greyhawk sono di stanza a Seattle, anche se i due musicisti che li hanno fondati, il chitarrista
Jesse Berlin e il bassista
Darin Wall, vi sono arrivati rispettivamente da New York e dal Canada. Giusto un paio d'anni di rodaggio e nel 2018 assieme ad
Enrico Mariuzzo (da poco uscito del gruppo) alla chitarra, al batterista
Nate Butler ed al cantante
Revere Taylor, hanno inciso l'EP "Ride Out". La stessa line-up che ha realizzato il qui presente "
Keepers of the Flame", rilasciato dalla già citata etichetta spagnola
Fighter Records, che ha dimostrato un buon fiuto nell'andare a scoprirli.
Il loro è un Heavy Metal classico e tradizionale che sanno riproporre in modo convincente e soprattutto vario, sfruttando al massimo le singole potenzialità, che si possono cogliere sia nel guitarwork (che svaria dal neoclassico a stilettate dal taglio Eighties) sia nella prova vocale. Li scopriamo, così, passare dallo US Power di Jag Panzer ed Omen ("
Frozen Star") a brani più vicini al British Metal dei Grim Reaper o Chateaux ("
Drop The Hammer" o "
Masters of the Sky") con
Taylor abile ad adattarsi ad ogni contesto, con una performance che - grazie al suo cantare su bassi registri e dai toni evocativi - merita tutta la nostra attenzione ("
Halls of Insanity" ne è un buon esempio), ma anche in grado di allontanarsi dai canonici sentieri del Metal, come avviene nel caso di una "
The Rising Sign", che in alcuni passaggi è più affine alla New Wave che alla N.W.O.B.H.M., restando pur sempre credibile e con ottimi risultati.
Credo che molte delle soluzioni presenti sul disco potrebbero catturare l'attenzione di chi già apprezza gruppi come Visigoth, Crom o Gatekeeper, soprattutto nelle canzoni dal flavour più epico, rappresentate dalle pulsanti e battagliere "
Don't Wait for the Wizard" (introdotta da "
R.X.R.O.", strumentale che riecheggia le gesta di Yngwie Malmsteen e Paul Gilbert) o "
Black Peak", e infine nell'accoppiata finale, dove i
Greyhawk danno il meglio di sè, nel pathos di "
Ophidian Throne" e nell'anthemica e manowariana titletrack.
Bene, ora tocca a me consigliarne l'ascolto, avvisandovi di non farvi influenzare dal quell'ingenua copertina, che, in effetti, inizialmente aveva fatto storcere il naso anche al sottoscritto.
PS: se lo avessi scoperto prima, avrebbe probabilmente trovato posto nella mia Top Ten 2020.
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