Nati nel 2019 dalla creatività e dall'estro di
Michele Olmi, batterista di Chronosfear e Ravenword, gli
Embrace of Souls mi hanno fatto compiere un bel salto indietro nel power degli anni passati.
E quando dico indietro non lo dico in termini negativi, tutto al contrario: fin dalla produzione, che molti potrebbero trovare inadeguata non essendo corrispondente al sound plasticoso piattone tutto identico che regna oggigiorno, "
The Number Of Destiny" ha un proprio carisma particolare, una sua precisa identità che si conferma nella duplice scelta coraggiosa che a maggior ragione ci riporta sul finale degli anni '90, ovvero quella di debuttare con un'opera primigenia che è un concept album, scelta commerciale suicida nell'epoca degli ascolti da playlist usa e getta modello Spotify, e peraltro lunga ben 68 minuti, una durata che spaventerebbe chiunque si sia avvicinato alla musica negli ultimi anni, considerando anche che secondo la mia opinione i brani migliori si trovano nella seconda metà del disco.
Per fare ciò il buon Michele si è dotato di una solida lineup, formata da
Xavier Rota (Chronosfear),
Davide Scuteri (Ravenword) e
Giovanni Paolo Galeotti (Aegre), completata in maniera importante dalla presenza di
Giacomo Voli in forza con i Rhapsody of Fire già da qualche anno: il che già sarebbe sufficiente per una buonissima riuscita ma per rappresentare al meglio questa storia di due amanti che, tramite l'amore che li lega, riescono a superare la morte e lo scorrere del tempo sono stati chiamati numerosi ospiti, peraltro tutti illustri, ad intepretare i vari momenti di questa storia che rispondono al nome di
Michele Guaitoli (Visions of atantis,),
Ivan Giannini (Vision Divine),
Marco Angelo,
Valentino Francavilla (White skull),
Edoardo Taddei,
Morby (Domine),
Danilo Bar (Ex White Skull),
Roberto Tiranti (Labyrinth),
Edward de Rosa e
Michele “Dr. Viossy” Vioni, praticamente una all-star game del classic metal italiano o poco ci manca.
Come per ogni album così ricco, contraddistinto da una durata importante e con tanti momenti diversi al suo interno bisogna essere onesti e soprattutto non frettolosi: è un'opera da ascoltare con calma, da assimilare, da far decantare, non ci si può accontentare di un frettoloso ascolto ma nemmeno di un approccio superficiale o distratto, ancor meglio se come ai "bei vecchi tempi" si leggessero i testi di cui ahimè non sono stato dotato per seguire meglio l'evoluzione della storia: fatto questo non riesco a sbilanciarmi usando parole come "capolavoro", che riservo ad una manciata di album nel corso di trenta e passa anni di storia, ma senza dubbio siamo di fronte ad un lavoro davvero apprezzabile, emozionante, ricco di sfaccettature, con venature progressive ma sempre ben centrato in ambito power, con gli immancabili e deliziosi momenti più romantici e sentiti accanto alle sfuriate di doppia cassa, da declamare a gran voce accanto ad un Giacomo Voli a mio avviso più in quadra rispetto a quanto sentito su "
The Eighth Mountain" ed ovviamente a tutti gli altri ospiti che arricchiscono ulteriormente il quadro d'insieme.
C'è qualche momento di stanca nell'insieme, la produzione per quanto sia stata da me apprezzata per intenti non è il massimo (ma mille volte meglio così!) e per qualcuno sarà un primo scoglio, a mio avviso immediatamente superabile tramite l'ascolto di brani come "
Welcome to my Hell", forse il migliore del lotto in cui sembra addirittura di ascoltare qualcosa dei primi Children of Bodom, il singolo spaccaossa "
From the Sky", la splendida title track, tutti highlights di un album inaspettato quanto gradito che senza dubbio riporterà in alto l'attenzione e l'interesse, nonchè l'amore, di tutti gli amanti del power metal...quello bello, quello di una volta, quello che ci portiamo nel cuore da così tanti anni.
Lasciatevi catturare e date una chance alla Musica ed all'Amore per essa.