Non assocerei mai la parola “sottotono” a un lavoro di
Clive Nolan, rinomato tastierista di
Pendragon e
Arena, da qualche anno concentratosi su produzioni teatrali complessivamente fortunate del calibro di
“She” (a nome Caamora) o
“Alchemy”.
Ma c’è sempre una prima volta.
Dal punto di vista formale,
“Song Of The Wildlands” - rock opera sulle vicende narrate in
“Beowulf”, uno dei più antichi poemi epici britannici - non ha niente che non vada: ci sono cantanti talentuosi come
Ryan Morgan o
Christina Booth, orchestrazioni cinematografiche, cori epici, momenti granitici alternati a episodi dal respiro folkloristico e un narratore con una voce da brivido.
Il risultato complessivo però non convince, anzi, suona “frettoloso” - almeno per i canoni di
Nolan, che ultimamente ci ha abituato ad album doppi - e poco omogeneo, con riferimenti più o meno espliciti a quanto già fatto sia da
Nolan stesso che da altri prima di lui (la narrazione introduttiva che si chiude su
“His name is Beowulf” ricorda veramente troppo il forse più noto
“His name is Ayreon”).
Poi per carità, i buoni brani non mancano (penso a
“Celebration” o alla sinistra
“Underwater Cavern”), ma da una delle figure chiave del progressive rock degli ultimi anni, personalmente, mi sarei aspettato qualcosina di più.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?