Nel 2018, con grande soddisfazione, vi raccontavo del ritorno all'altezza del loro nome dei
The Crown (agevolo collegamento a "
Cobra Speed Venom") dopo anni di lavori quantomeno discutibili, specie per un fan di vecchia data come il sottoscritto.
Lo scorso anno, quando la band iniziava a parlare del nuovo disco, un sottile filo di timore mi cresceva dentro, specie dopo aver letto le parole del bassista
Magnus Olsfelt:
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Ora siamo nel club dei grandi, ragazzi. Penso che in qualche modo sia il nostro coronamento del successo, e racchiude il suono di tutti gli album in un unico disco. Ha tutto: la roba death metal dei primi anni '90, le melodie inquietanti, il thrash, il punk, il grind, l'heavy metal e le cose più epiche e doomy"
E ancora:
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Ci siamo spinti al limite, cercando davvero di rendere tutto il migliore possibile, cercando di rendere ogni canzone il più efficace possibile. Nell'album ci sono alcune sorprese in serbo per i fan: abbiamo alcune delle cose più intense di sempre, come una canzone che dura circa un minuto, e abbiamo anche una ballad!"
Ecco, quando sento queste dichiarazioni il mio primo pensiero è:
"
Ok ragazzo, prepara le mutande di ghisa".
Poi però il Graz mi manda il promo della
Metal Blade Records della nuova fatica del gruppo "
Royal Destroyer", io inizio a farlo suonare, e mentalmente chiedo perdono a
Johan Lindstrand e compagni per aver dubitato di loro.
"
Royal Destroyer", come anticipavo in un commento entusiasta sui social, tira via la vernice dai muri!
La brutale "
Baptized in Fire", il famoso pezzo da poco più di un minuto, con il suo incedere a cavallo tra thrash e punk, dà il via al massacro sonoro che prosegue senza pietà con "
Let the Hammering Begin!": e non è che l'inizio.
"
Motordeath", un velato omaggio alla quasi omonima "
Motorbreath" dei
Metallica per l'assonanza di alcune strofe, mostra una band in gran forma che travolge con riff favolosi e pesantissimi, vocals abrasive e ritornelli anthemici che invogliano alla battaglia.
L'assalto non si placa nemmeno con la successiva, incalzante "
Ultra Faust": ormai è chiaro che i nostri non hanno badato ai fronzoli, ai ghirigori stilistici, alle tematiche ricercate nelle liriche; come d'altra parte il titolo del disco lasciava presagire il demoniaco quintetto svedese vuole fare a pezzi tutto ciò che gli si presenta davanti.
"
Glorious Hades" è il primo vero momento di rallentamento del platter, rallentamento che non toglie però nemmeno un grammo della pesantezza opprimente del pezzo.
I
The Crown hanno integrato qualche elemento di death melodico in più al loro classico "Death and Thrash" senza sacrificare nulla della loro potenza, un'evoluzione degna dei più grandi.
"
Full Metal Justice" e "
Scandinavian Satan" proseguono nel solco tracciato dalla prima metà del full length mentre trovo che "
Devoid of Light" sia l'unico episodio trascurabile sin qui ascoltato.
E veniamo a "
We Drift On", la ballata di cui parlava
Olsfelt; non aspettatevi "
One" o "Forever" ma è comunque un pezzo più ragionato e con un alto tasso di cura per i dettagli melodici.
Il tutto -ovviamente- in salsa
The Crown.
Chiude il disco il brano che, per liriche, armonizzazioni di chitarra e linee melodiche, mi ha più entusiasmato; parlo di "
Beyond the Frail", una canzone di death melodico svedese che porta a scuola moltissimi gruppi specializzati da una vita nel genere.
"
Royal Destroyer" è lo specchio di una band che è una micidiale macchina da guerra, con un vero e proprio mattatore nel drummer
Henrik Axelsson che fornisce una prestazione mostruosa per precisione, potenza, fantasia e pulizia tecnica.
Avviso per le band che si sono insediate nel posto lasciato vacante dopo "
Doomsday King": i
The Crown sono definitivamente tornati!
The Crown - "
Motordeath"