Reputo
Andy Marshall, se ci tenete a conoscere la mia opinione, uno dei segreti meglio custoditi dell’intera scena estrema.
Pressoché ignoto ai più, l’artista scozzese altri non è se non la brillante mente dietro al progetto
Saor, magnifica creatura di
folk /
black melodico.
Ad onor del vero, il sottoscritto aveva particolarmente gradito anche “
I”, primogenito della sua ulteriore creatura a nome
Fuath (“odio” in lingua gaelica); così, dopo aver appreso del rilascio del secondo lavoro (intitolato, non ci crederete, “
II”), mi sono reso autore di un blitz nella chat di redazione per accaparrarmelo.
Ahimé, dopo numerosi ascolti non arrivo ad affermare di aver compiuto una manovra incauta; al tempo stesso, la mia scelta ha disvelato risvolti meno trionfali di quanto mi sarei atteso.
“
II”, tanto per chiarire, non muta le coordinate rispetto all’esordio: il gelido
black metal dal taglio epico ed atmosferico imperversa anche in questa
release, così come fioccano i riferimenti alla scena norvegese degli anni ’90 -ben evidenti sin dal suggestivo
artwork-.
A latitare, invece, è l’ispirazione.
Nessun brano, a mio avviso, riesce infatti ad elevarsi da uno standard compositivo sì gradevole, ma in alcun modo memorabile.
La
tracklist procede piuttosto stancamente, senza scossoni significativi, tra momenti violenti e parentesi riflessive, gelidi
riffs dissonanti e aperture talora malinconiche talaltra maestose.
E tant’è.
Anche volendo sorvolare sull’assenza di qualsivoglia spinta alla personalizzazione ed alla rielaborazione, non necessarie nell’ambito in cui ci muoviamo, rimane comunque forte l’impressione che manchi qualcosa.
Non aiutano la causa un
drumming piuttosto scolastico in svariati passaggi e una ripetitività eccessiva anche per il genere in esame: ogni singola canzone contenuta in “
II”, per quanto mi riguarda, avrebbe funzionato meglio se sfrangiata nella durata complessiva.
Dopo cotali e cotante lagnanze, come avrete notato, il nuovo
full dei
Fuath incassa comunque un giudizio positivo: la proposta non manca di valore, e saprà farsi apprezzare dai nostalgici del caro vecchio
black scandinavo… purché non si aspettino nulla di trascendentale.
Provaci ancora
Andy.