“The Dark Presence” è un disco
difficile da molti punti di vista. È
difficile da affrontare per la complessità del concept (un “viaggio dell’eroe” che parte dall’Antico Egitto per arrivare al Medioevo); è
difficile da recensire perché è comunque il frutto di un lavoro appassionato iniziato da
David Del Fabro - mastermind dei
Blacksmith Tales - negli Anni Novanta e che vede la luce solo oggi; è
difficile da assimilare a causa delle tantissime sonorità che caratterizzano i suoi 76 minuti.
La line-up che accompagna
Del Fabro è di tutto rispetto, in particolare la coppia di cantanti
Michele Guaitoli (ERA,
Visions Of Atlantis,
Temperance) e
Beatrice Demori, in grado di dare quel gusto
rockoperistico all’intero lavoro, soprattutto negli episodi finali (penso alla titanica
“Possessed By Time” o alla conclusiva
“Book Of Coming Forth By Day”).
C’è tanto heavy-prog - si sente la conoscenza diretta di
Del Fabro del repertorio di
Rush,
Kansas e Gentle Giant - nelle varie
“The Dark Presence”, “Let Me Die” o
“Into The Sea”, spesso spigoloso e (troppo) poco fluido, aspetto ancor più evidente nei brani più “spinti” dal sapore oriental (
“Golgotha”, a cavallo tra
Amaseffer e
Therion,
“A New Sunrise”, in cui si incontrano Oriente e Occidente, o
“Chapter LXIV”).
Le tracce più lineari come
“Rain… Of Course!” (sincero tributo al progressive nostrano), la strumentale
“Tides From A Faraway Shore” (alla maniera di Focus e Jethro Tull) o
“The Dark Presence Revelation” (che mi ha ricordato il Rick Wakeman più pop) sono sicuramente quelle più convincenti, seguite a ruota dalle brevi e acustiche
“Interlude” e
“Last Hero’s Crusade”.
Un esordio positivo, ma ancora un po’ grezzo.
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