Sono del parere che in periodi come quelli che stiamo attualmente vivendo, la musica sia uno dei componenti principali per distogliere la mente e le orecchie dai tragici fatti quotidiani che ormai riempiono assiduamente le nostre giornate. Una quarantina di minuti scarsi, che ci catapultino temporaneamente in un mondo diverso, dove mettiamo per un momento da parte tutti i pensieri, ecco quel che ci vuole.
E
“Strings Of Soul” degli
Acid’s Trip è decisamente il disco che fa proprio al caso. Nati a Gothenburg nel 2018, la band porta con sé quell’hard rock movimentato, vivace, che non può far a meno di tenere il piede per terra impegnato a tenere il tempo. La stessa band definisce il suo stile come un “high speed rock n’ roll”, e direi che non ci può essere definizione più calzante. Un sound che deve molto agli anni 70’, e che sembra fin dalle prime note catapultare in quell’epoca.
Dopo una breve intro, parte la Titletrack con un inizio abbastanza in punti di piedi, ma che si evolve in un ritornello energico che deve molto ai Thin Lizzy del periodo “Jailbreak/Johnny The Fox”, con la seguente
“The Kiss Riff” che prosegue sulla stessa scia, mettendo in mostra le capacità vocali di
Acid, la cantante, che si destreggia molto bene fra momenti più graffianti ed altri energici. Arrivati a
“Just A Man” ci si rende subito conto di quale sia il punto di forza degli
Acid’s Trip, ovvero le ottime melodie, e dei musicisti assolutamente connessi fra loro, con gli strumenti che non vanno ognuno per conto loro, ma vanno a formare dei pezzi che a primo ascolto potrebbero risultare anche semplici, ma non è proprio nella semplicità che si vede se una persona, o in questo caso band, è capace?
“Creature Of The Lagoon” si stacca per un attimo dal sound dei pezzi precedenti, per immergersi in un hard rock che sembra pescare in alcuni tratti dagli Uriah Heep, mantenendo però un’identità ben precisa. Bella carica invece
“Faster, Chooper, Boogie”, tre minuti e mezzo scarsi di un sound molto alla Elvis che sono pronto a scommettere, non riuscirà a far rimanere fermi impassibili gli amanti di queste sonorità. Con
“Get It Right” si fa la conoscenza con il secondo vocalist
Mike, da un tono di voce che seppur sappia di già sentito, riesce a dare a un pezzo più mid tempo un sapore di compagnia, intrattenimento, magari davanti a un bel fuoco a Ferragosto, uno dei rari casi, tra l’altro, in cui potrei sopportare il tizio di turno che viene con la chitarra. Arrivando sul finale,
“Delusions Of Granduer” non spicca per coinvolgimento, ma
“If I Only (I Were The Only)”, riporta il tutto su binari dove un ottimo lavoro di chitarra e chorus trascinanti danno un ulteriore segno del talento della band che ricordiamo, è al suo debutto.
“Strings Of Soul” è un disco fresco, trascinante, che non conterrà tecnicismi chitarristici tali da raggiungere i livelli di band come Dream Theater o Opeth, ma che coinvolge come pochi. E trovo sia anche difficile comporre dichi di questo genere, mantenendo una propria individualità senza scadere nella copia dei grandi (meglio non fare nomi). Consigliatissimo a chiunque voglia staccare la spina per una quarantina di minuti, e trovarsi immerso nell’energia musicale dell’hard rock che si respirava negli anni 70’.
"Saper semplificare significa eliminare ciò che è superfluo perché possa esprimersi ciò che è necessario."
(Hans Hoffmann)
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