Tornano a due anni di distanza dall’ultimo full lenght
“Rise Of The Dragon Empire” gli svedesi
Bloodbound, che appaiono sempre più convinti del loro fedele approccio al true metal. Nonostante, infatti, qualche tastierina qua e là, la band in quasi venti anni di carriera si è saputa sempre destreggiare fra il più che buono e la mediocrità totale. E con quest’ultima, mi riferisco a quell’abominio del 2012 che risponde al nome di
“In The Name Of Metal”, che assieme a “The Lord Of Steel” dei Manowar uscito nello stesso anno, è riuscito nell’ignobile compito di risultare come uno dei dischi più tamarri mai sentiti in vita mia.
Seppur a piccoli passi poi, i
Bloodbound sono poi riusciti a recuperare il sound che gli è sempre appartenuto, un Power Metal molto derivativo, misto occasionalmente a pezzi dal sapore di sigle dei Power Rangers anni 90’. Niente di eccezionale, perciò, ma la band tolto quello spiacevole episodio citato poc’anzi, si è sempre difesa abbastanza bene. E ve lo anticipo già,
“Creatures Of The Dark Realm”, questo il titolo del nuovo lavoro, è un ulteriore, piacevole conferma del lavoro che il gruppo sta svolgendo da un paio di anni a questa parte.
Se infatti la bella Titletrack fa ben sperare, con il suo ritornello possente, la seguente
“When Fate Is Calling” migliora ulteriormente il livello qualitativo del disco. Attenzione, non sto parlando del nuovo “Glory To The Brave”, e ci mancherebbe altro, ma i
Bloodbound riescono finora nel compito di costruire pezzi semplici, diretti, e con ottimi ritornelli, che sicuramente cosa da poco non è. Dico finora perché purtroppo
“Death Will Lead The Way” porta con sé un riff che più generico non ce n’è, assieme a un chorus sentito veramente troppe, troppe volte in altre occasioni da risultare stucchevole, e lo stesso accade con
“The Wicked And The Weak”, che nelle intenzioni originali vorrebbe proporsi come un pezzo dall’incedere epico, ma che di epico ha ben poco. Da lodare però la scelta della lunghezza dei pezzi, mai troppo eccessiva, e che in generale la band ha sempre tenuto fra i 4 minuti, 5 massimo, un fattore che sicuramente porta un ascolto più concentrato e meno dispersivo. Si risale con
“Gathering Of Souls”, dove finalmente si ha davanti un bel pezzo, con tastiere utilizzate sapientemente e un
Patrik Selleby in gran spolvero, nonostante la sua voce non abbia dalla sua chissà che carisma.
“March Into War” invece seppur funzioni come mid tempo, puzza un po’ troppo di Sabaton style, mentre
“Ever Burning Flame” non spicca per originalità, ma comunque si lascia ascoltare senza tante pretese.
Qualche scopiazzata qua e là, sia dal loro stesso repertorio che da altre band, non riescono a fare di
“Creatures Of The Dark Realm” un disco da ricordare, ma sicuramente non si può dire che i
Bloodbound non ci abbiano perlomeno provato, e mentirei se vi dicessi che non mi sono divertito nell’ascolto di qualche pezzo di questo album. Se avete voglia di svagarvi per un po’, e non vi volete buttare su dischi complicati all’ascolto, i
Bloodbound sapranno sicuramente farvi compagnia.