Il primo album solista di
Luca Zabbini (mastermind dei
Barock Project) spiazzerebbe anche il più navigato degli ascoltatori per la qualità delle composizioni e la quantità delle influenze. Scritto, registrato e prodotto in completa autonomia durante i lunghi mesi di confinamento forzato,
“One” ci fa scoprire il lato più intimo e meno “pirotecnico” del talentuoso tastierista nostrano.
Non è sicuramente prog, ma di certo è un pop molto elaborato ispirato tanto ai Genesis post-Gabriel quanto ai lavori più accessibili di Steven Wilson quello dell’introduttiva
“What’s Left Of Me”, che prelude a
“Everything Changes”, in equilibrio tra Beatles e musica da camera. “Equilibrio” è la parola chiave che caratterizza tutto il full-length. Infatti, se
“Hello” mette a sistema il rock pianistico velato di soul di Elton John e Billy Joel (impreziosito da un prezioso assolo jazzato nel mezzo),
“Taking Time” fonde il southern rock dei fratelli Allman con il funk di Stevie Wonder.
In
“Portrait” - a cavallo tra un’Invenzione di Johann Sebastian Bach e un lied di Franz Schubert - spicca la preparazione accademica di
Zabbini, prima del folk elettro-sinfonico di
“Constantine Cry”, che anticipa un episodio più disimpegnato intitolato
“The Mood Of The Day”, strizzando l’occhio alla nuova generazione di pianisti internazionali come Ben Folds e Jools Holland. Con
“No One There” l’artista si trasforma in un bluesman dal piglio epico, in totale contrasto con
“Karlsruhe Rain” (riuscito, quanto inaspettato, connubio tra le sonorità di Alan Menken e di Jim Steinman) e con
“Help Me To Sleep”, omaggio al raffinato pop barocco di Gian Piero Reverberi che contraddistingue anche la conclusiva
“I Don’t Know”.
I buoni frutti del lockdown.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?