Dati per dispersi dopo la pubblicazione del discreto “
Borderline”, i britannici
Escape ritornano sulle scene con il comodo
escamotage della raccolta, ma per una volta l’espediente ha un valore superiore alle attese.
Innanzi tutto perché è un buon modo per far conoscere ai novizi le qualità di una
band non particolarmente nota, capitanata da un eccellente interprete del settore, e poi perché i brani riproposti dalla nuova
line-up acquisiscono una rinvigorita vitalità.
Vince O’Regan, che qualcuno conoscerà per il lavoro con
Bob Catley, è, in effetti, un musicista e compositore dotato e sensibile, sempre pronto alla collaborazione (
Phil Vincent, Pulse, Legion, Tragik, …), che anche grazie al contributo dei nuovi sodali è riuscito a ravvivare composizioni di pregio, ammesso che i suoni del
rock melodico “classico” siano quelli con cui amate trascorrere il vostro prezioso tempo libero.
Una “tradizione” riverniciata con tinte brillanti e “modernizzate” (un po’ alla “scandinava”, se vogliamo …), dunque, da cui emergono immediatamente proprio tre brani mutuati da "
Spirit of man" di
Catley ("
Blinded by a lie", "
Walk on water" e “
Temptation”), ottimamente interpretati da un
Graham Beales (non a caso gli
Escape portano avanti in parallelo, sotto il
monicker Storyteller's Night, un’apprezzata
tribute band dei Magnum) privo di timori reverenziali.
Il resto del programma conferma un indiscutibile talento per il
songwriting de-luxe, magari non esattamente strabiliante, e tuttavia assai godibile, capace di alternare con gusto magniloquenti pulsazioni soniche (“
Lost and found”), ficcanti frammenti “acchiappa timpani” (“
Heroes in the night”), misurate dosi di romanticismo enfatico (“
Restless heart”), gradevoli sciccherie “adulte” (“
Coming home”, “
Borderline”, “
Destiny”) e soluzioni espressive maggiormente melodrammatiche e articolate ("
Something to believe in”, la lunga e fascinosa
title-track conclusiva), il tutto coordinato piuttosto efficacemente da una formazione che sa conquistare i sensi attraverso una vena melodica di spessore, il giusto dinamismo dei cori e strategici interventi chitarristici.
Assemblato con cura e intelligenza, “
Fire in the sky” consente ai
rockofili di “ricordarsi” degli
Escape, facendo ben sperare per il futuro del gruppo, atteso a una “competizione melodica” contemporanea sempre più spietata e di alto livello.
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