Rileggere le radici dell’
hard-rock blues è un’impresa che ciclicamente viene sostenuta con rinnovato entusiasmo dal mercato discografico internazionale e un po’ come tutti i generi “classici” la differenza in questi casi la fanno la genuinità del
feeling e la misura della tensione espressiva, elementi che allontanano l’effetto “mistificazione” e consentono di riproporre con l’energia dei propri tempi un suono tutt’altro che “imprevedibile”.
Fondati dal bassista e compositore
Alberto Rigoni (Bad As, Vivaldi Metal Project, …) i
Natural Born Machine, con il fattivo supporto di
Alessio “Lex” Tricarico (Bad As) e
Denis “Denzy” Novello (Ardityon) s’inseriscono nella suddetta tendenza con notevole convinzione e competenza, potendo altresì contare sulla voce di
David Readman (Pink Cream 69, Voodoo Circle, Room Experience), di certo adattissima alla difficile operazione e già di per sé da considerare alla stregua di un importante valore aggiunto.
Il resto lo fanno le composizioni, aggrappate ai campioni del genere e non per questo a rischio di plagio, a volte non perfettamente coerenti e tuttavia interpretate con un’animosità e un’incisività che riescono a “sorprendere” anche laddove le scelte stilistiche lascerebbero immaginare il contrario.
Insomma, se vi piacciono Whitesnake, Blue Murder, Black Country Communion e The Dead Daisies (e magari, per esempio, considerate gruppi come i Voodoo Circle fin un po’ troppo devoti ai sacri crismi), “
Human” è un albo che merita tutta vostra attenzione, la quale sarà ampiamente ripagata da un
feedback bruciante e coinvolgente, “familiare” nella forma e abbastanza “impressionante” nella sostanza.
Alimentato dalla costante pulsazione del basso di
Rigoni (per certi versi assimilabile al
modus operandi di un
Tony Franklin) il programma s’insinua nei gangli sensoriali fin dalla perla
Serpentesca “
Moonchild”, per poi lasciare che siano il
groove rotondo di “
Machine”, l’andamento possente e ammaliante di “
Monster” e le atmosfere avvolgenti di "
A new future” a proseguire nell’opera di adescamento.
La melodia sferzante e cangiante di “
Won’t be friends” e quella vischiosa di “
Reborn” rivelano sfumature armoniche vagamente meno “rigorose”, e se l’inquieta “
Beast in the dark” rimanda la memoria a certe cose di
Jorn e agli Ark, con “
Reflecting my day” la
band ritorna a sfruttare soluzioni espressive più rilassate e accessibili, esponendo nella suggestiva “
Stone man” tutte le sue qualità nella complicata arte della ballata acustica.
Definendo “
Rise” un altro efficace esempio di
hard-blues per il terzo millennio, terminano gli appunti d’ascolto di “
Human”, un disco un po’ “acerbo” e comunque intrigante, che non si accontenta di ripetere pedissequamente la lezione dei
Maestri e che pone i
Natural Born Machine tra i gruppi dotati di una base culturale solida e variegata, avviati sulla strada “giusta” per la ricerca di una risoluta personalità propria.
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