Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2021
Durata:50 min.
Etichetta:Explorer1 Music Group
Distribuzione:EX1 RecordS

Tracklist

  1. INCARNATION
  2. HELLFIRE THUNDERBOLT
  3. SERMONS OF THE SINNER
  4. SACERDOTE Y DIABLO
  5. RAISE YOUR FISTS
  6. BROTHERS OF THE ROAD
  7. METAL THROUGH AND THROUGH
  8. WILD AND FREE
  9. HAIL FOR THE PRIEST
  10. RETURN OF THE SENTINEL

Line up

  • K. K. Downing: guitars
  • Tim "Ripper" Owens: vocals
  • A.J. Mills: guitars
  • Tony Newton: bass
  • Sean Elg: drums

Voto medio utenti

Stanchi di 3 minuti di arpeggi? Stufi di non riuscire a memorizzare un ritornello? E di aspettare uno scambio di assoli da manuale? Le produzioni pompate vi hanno stancato? Quelle spoglie ancora di più? Niente paura, ora abbiamo i Priest di KK!

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Alle ore 6:00 del 12 maggio del 2021 irrompe su YouTube il videoclip di "Hellfire Thunderbolt". Ed è lì che inizia l'epopea del nuovo gruppo dell'ex-chitarrista della band ora guidata da Rob Halford! Alcuni dicono che è pieno di cliché, altri che sa troppo di Judas Priest (ma va?!). E, poi, c'è chi apprezza e si fa prendere dalla potenza del pezzo!


Questo, su disco, è anticipato da un intro di matrice 'manowariana' - sarà che il suo ritorno sulle scene fu proprio con Ross the Boss sul palco del Bloodstock Open Air? - atto a creare, in qualche modo, l'entrata in campo dell'incappucciato raffigurato nella copertina di Andy Pilkington. Il titolo è "Incarnation". Dopodiché era stata presentata la title track, "Sermons of the Sinner" (riportata sul retro al singolare), che inizia con un'evocazione seguita da una rullata di Sean "The Thrash Machine" Elg, come nei Three Tremors in cui Tim urla fino allo spasimo. Fino a quando, nel refrain, "Ripper" fa svoltare il tutto donandogli una certa epicità che sfocia nel famoso scambio di assoli da manuale! Per, poi, riprendere il leitmotiv iniziale a concludere.


Arriviamo a "Sacerdote Y Diablo", forse il pezzo più sorprendente del lotto. Annunciato proprio con il titolo, avanza imperterrito come un carro armato. Dopo altri begli scambi con cui sbavare, l'ugola incattivita ci anticipa l'entrata in scena di un sound proveniente non dalla NWOBHM ma bensì direttamente dai primissimi album della band madre dell'axeman. Lo stesso co-fondatore dei Judas Priest qui fa anche il produttore! Il tutto, invece, è stato mixato a quattro mani con Tony Newton (ingegnere del suono coadiuvato da Anthony Wall). Una curiosità: anch'egli come Ian Hill è un bassista e fondò, insieme al sostituto di Downing, Richie Faulkner, i Voodoo Six. Avrà anche lui un po' di rivalsa?


E poi c'è "Raise Your Fists", anche questa accompagnata da un video canonico diffuso giusto un mese dopo di quello di "Brothers of the Road" (la traccia numero 6). Qui c'è da segnalare un certo manierismo di sorta che, però, dal vivo col suo oooh-oooh-oooh di sicuro non sfigurerà! L'altro, invece, è un brano abbastanza marciante che sicuramente riuscirà ad animare una compagnia che si ritrova per una bevuta pomeridiana. Ha il sapore di una "Born to Be Wild" - non è un caso che, quella degli Steppenwolf, sia la prima composizione a contenere la parola 'heavy metal' - in cui non manca comunque l'animosità... ed è quello che importa! Anche se dalla versione in vinile è stata esclusa, è comunque presente nel CD bonus allegato.


In apertura di quello che una volta era il lato B troviamo, quindi, "Metal Through and Through". Che, col suo incedere, ci riporta subito in mente i cari Manowar, ma anche certi Iced Earth con cui Owens è riuscito ad incidere un disco sicuramente da riscoprire: "The Glorious Burden". Malgrado la sua durata, quello che colpisce è la mancanza di ripetitività. Con la cadenza dettata dal drummer di Cage e DeathRiders (dell'ex-Anthrax, Neil Turbin). Niente risulta fuori posto! Abbiamo: arpeggi, assoli, accelerazioni, atmosfere, ecc. e, nel momento in cui deve finire finisce e basta!

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Si riparte alla grande con le cavalcate di "Wild and Free", un pezzo spedito con un refrain da manuale e con degli assoli sorprendenti, il cui merito va dato sicuramente anche al chitarrista meno conosciuto dei due: A.J. Mills degli Hostile (a cui KK ha prodotto gli unici loro due album in studio). Un ritmo martellante e un oy! da pugni all'aria ci fa immedesimare già sotto le assi del palco ad inneggiare la band... che avrebbe potuto avere anche il batterista di "Stained Class" e "Killing Machine", se questo non fosse stato costretto a rinunciare a causa di un infortunio al polso!

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Passiamo all'invocazione di "Hail for the Priest" che, malauguratamente, può ricordare l'opener di un certo "Fattore X" (per fortuna senza tanti preamboli). Fraseggi e scale ci portano all'interno di quest'opera da manuale del metal! Qui gli scambi presenti sono anche del vocalist, alternati da cori e dal quattro-corde di Newton. Poi, a un certo punto KK sale in cattedra e non ce n'è per nessuno! Qui si sente tutta la sua maestria, e il ripetuto 'Heaven or Hell' alternato al titolo pare domandarci insistentemente da quale parte vogliamo stare.

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Ed eccoci all'ultimo singolo del full-length... diffusa anche questa con un video promozionale giusto il giorno dell'uscita del disco! "Return of the Sentinel" riprende il tema del brano del 1984 senza mai risultare macchiettistica o ridicola - come capita sovente in questi casi - ripartendo dal riff di "The Sentinel". Ci fa ancheggiare avanti e indietro come è sempre riuscito a fare l'ideatore dei Freight, da quando questi sono diventati i Judas Priest. Sviluppa una linea che, nei suoi 8' e 59'', tra arpeggi e liriche profetiche, va a chiudere in bellezza questo magnifico debutto dei KK's Priest.


Siamo alle conclusioni...

Detto che la masterizzazione è di Ade Emsley - lo stesso che ha curato gli ultimi due album in studio degli Iron Maiden e i remaster recenti (compresi quelli dei British Lion, nonché di Blaze Bayley) - quale sarà mai il difetto di produzione di questi altri? Non lo sapremo mai! Comunque, facendo alcuni confronti è chiaro che qui ci troviamo al cospetto di un lavoro che ha una durata complessiva tipica del periodo d'oro dell'heavy metal. Ovvero, poco più di tre quarti d'ora. E che, sicuramente, non presenta un secondo in più di quanto dovrebbe avere un disco del genere. Oltre ad un numero di brani eccessivo per questi canoni. A qualcuno il voto alto farà sicuramente un po' storcere il naso, ma è probabile che se il disco fosse stato inciso con il nome Judas Priest sarebbe stato celebrato allo stesso modo di "Firepower" e che, soprattutto, se gli attori coinvolti - compresa la commedia di cui ha fatto parte lo stesso KK - fossero stati degli sconosciuti si sarebbe gridato al miracolo.

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Speriamo che ora, con questi 'sermoni' (come lo stesso KK li chiama...), il signor Downing non si sia sfogato del tutto e abbia ancora del veleno in corpo per dare un seguito altrettanto arrembante! Non ci resta che attendere il secondo capitolo, già previsto per il 2022. Magari anche con un'ospitata dell'altro ex: Les Binks.

Recensione a cura di Giovanni ‘nonchalance‘ Cau
Una vera Bomba !!!

Ragazzi questo album è una vera bomba , cresce con gli ascolti in maniera inesorabile...Una sola parola SPETTACOLO !

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