E direttamente dal Giappone un'altro gruppo che si catapulta nel pentolone del metalcore. Avete capito bene, il virus (o il buon seme, a seconda dei gusti) ha intaccato anche l'estremo oriente. Bene, per chi non conoscesse questo gruppo proveniente da Aichi, i lost Eden si formano nel 2000, già dopo soli due anni si fanno notare quando due loro pezzi vengono inclusi nella compilation "Surplus Suppression 3", per poi passare nel 2003 ad una formazione a tre chitarre quando Sensyu entra nel gruppo alla batteria e il batterista Chang passa alla chitarra ed è con questa formazione che registreranno il loro primo singolo di successo, "Sewn mouth forest", che sarà seguito poi da un'acclamato tour. Nel 2004 poi arriva un'altra partecipazione, questa volta nella compilation "Metal Ostentation Vol.6", altro trampolino di lancio per le band non ancora sotto contratto. Chang lascia il gruppo e il nuovo chitarrista è Cab e questo segna la nuova svolta nel sound dei Lost Eden verso una direzione più melodica e al tempo stesso più aggressiva. Seguono altre apparizioni su varie compilation finchè nel 2005 Cab lascia la band e dietro le pelli arriva la signorina Mako; tornano quindi alla formazione a due chitarre con cui registreranno il fortunato demo che verrà mandato a Londra alla Candlelight Records et voilà, il colpaccio è fatto, ecco l'ingaggio nel 2006. Ed eccoci al frutto che ne è nato, Cycle Repeats... L'album si apre con un particolare intro dalle atmosfere rilassate e liquide, quasi fosse un brevissimo inno alla calma serafica che ispira un paesaggio giapponese, stai quasi per scorgene i colori tenui e piacevoli quando dopo appena 51 secondi vieni risvegliato prima da un brusio simile a quello del televisore di "the Ring" poco prima che ne venga fuori la "piccola e dolce" Samara Morgan e subito dopo, stavolta in maniera definitiva, dal muro di suono delle due chitarre insieme alla batteria della prima track vera e propria, "Squeeze", dove scopriamo la voce, tra l'altro niente male di Norio, che ci offre una serie di alternati tra melodico e scream eseguiti in modo impeccabile ma che che non lasciano quasi nessuna emozione... Si passa poi a "Equation 999" (sbaglio o era un'equazione sulla distanza di sicurezza?) dall'apertura tirata alla Soilwork, peccato che il cantante ecceda nel suo lavoro, coprendo delle parti in cui forse gli strumenti andrebbero lasciati soli e in netta evidenza, ma rimane comunque uno dei pezzi che più spicca nell'album. "Forsaken Last" cattura per l'alternarsi del ritmo lento/accelerato, lento/accelerato e per la presenza del synth controtempato che si interseca con la batteria. Il ritornello in questo caso richiama i KillSwitch Engage e sembra così studiato e mirato all'orecchiabilità che rimane in testa anche se nessuno gliel'ha chiesto... I Lost Eden sanno infatti come catturare con pezzi strategici ma il risultato è assicurato sicuramente solo su una fetta di pubblico ristretta, il che è un peccato dal momento che siamo di fronte a dei bravi musicisti a cui manca un tocco di originalità o quel qualcosa che li faccia emergere dalla miriade di gruppi metalcore in cui si sono andati a collocare, gruppi che rischiano di essere tutti troppo simili gli uni agli altri. Trovo però davvero bella e senza fronzoli la strumentale "Sandglass", con i suoi arpeggi delicati, ma forse solo perchè per un po' distoglie dall'idea che il tutto suoni troppo simile ai Trivium. Una nota di merito va
alla lei alla batteria, Mako, che su tutto l'album dimostra una grinta da vendere, non che una donna potenzialmente non possa essere brava quanto un uomo (...) ma di sicuro non è facile sentirne in giro! Il resto dell'album sembra dare ragione al titolo, "Cycle repeats", i pezzi sono un po' sterili e sembrano ripetersi senza un qualcosa che faccia preferire una song a un'altra. "Before burning to ashes" si apre con un uso delle tastiere preoccupante, sembra un arrangiamento usato nei pezzi dance, ma per fortuna poi ci pensano le chitarre a dare un tono al tutto e a far riprendere fiato. Insomma se per i Lost Eden è stato detto "Japan's best kept secret" beh di certo se avessero continuato a tenere questo segreto le nostre vite non sarebbero cambiate comunque ma speriamo che in futuro questo gruppo trovi la strada verso un sound più personale, in fondo si tratta del loro primo album e c'è ancora tempo e strada da masticare.
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