Mandoki Soulmates - Utopia For Realists: Hungarian Pictures

Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2021
Durata:64 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. SESSIONS IN THE VILLAGE
  2. UTOPIA FOR REALISTS
  3. TRANSYLVANIAN DANCES
  4. YOU'LL FIND ME IN YOUR MIRROR
  5. RETURN TO BUDAPEST
  6. BARBARO
  7. THE TORCH

Line up

  • Leslie Mandoki: vocals, drums, percussion & udu
  • Bobby Kimball: vocals
  • Chris Thompson: vocals
  • Ian Anderson: vocals & flute
  • Jack Bruce: bass & vocals
  • Nick Van Eede: vocals & vuitar
  • David Clayton-Thomas: vocals
  • Al Di Meola: guitar
  • Mike Stern: guitar
  • Randy Brecker: trumpet & flugelhorn
  • Bill Evans: tenor & soprano saxophone
  • John Helliwell: clarinet, tenor, soprano & alto saxophone
  • Till Brönner: trumpet
  • Cory Henry: Hammond, Rhodes & Moog
  • Tony Carey: vocals, Hammond & Piano
  • Jesse Siebenberg: vocals, keyboards & piano
  • Richard Bona: bass & vocals
  • Steve Bailey: 6-string fretless bass
  • Julia Mandoki: vocals

Voto medio utenti

Il nuovo album del collettivo ideato nel 1993 da Leslie Mándoki esce per InsideOut Music ed è una rielaborazione ampliata del full-length con lo stesso titolo pubblicato l’anno scorso da Red Rock Productions.

Il batterista di origine ungherese tributa la propria terra natia con un album eterogeneo, sfaccettato e godibile, come dimostrato dall’introduttiva “Sessions In The Village”, a cavallo tra avanguardia colta, folk, pop e jazz (un “nuovo” genere forse sintetizzabile nella parola progressive).

La breve “Utopia For Realists” (che fa un po’ Neal Morse), sfocia nella lunga e articolata “Transylvanian Dances”, suite in cui convivono sonorità bucoliche e orecchiabili, momenti esotici e sezioni più sperimentali, lasciate nelle mani di alcuni dei musicisti più talentuosi di ieri (penso al sassofonista Bill Evans) e di oggi (è il caso del formidabile organista Cory Henry).

“You’ll Find Me In Your Mirror” è un secondo interludio che anticipa la corposa e più cantata “Return To Budapest” - forse il momento più rock dell’intero lavoro - in cui spicca la performance dell’immortale e riconoscibilissimo Ian Anderson. Una rielaborazione davvero convincente dell’”Allegro Barbaro” del pluricitato Béla Bartók (seconda solo a quella “storica” e più celebre degli ELP), prelude alla conclusiva e lineare “The Torch”, dalle sfumature soul e gospel.

Musica senza confini.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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