Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:18 min.
Etichetta:Senza Culo

Tracklist

  1. LA NUOVA REPUBBLICA
  2. NELLA MIA STANZA
  3. TRAP ON THE NET
  4. BUSINESS WAR
  5. FERMARE IL TEMPO

Line up

  • Davide De Vecchi: vocals
  • Vincenzo Melita: guitar
  • Marcello Daolio: bass
  • Alessandro Pinotti: drums

Voto medio utenti

Li avevo ascoltati in passato solo nella compilation “Sintonie Rumorose” e sebbene un brano singolo non sia, per forza di cose, particolarmente esaustivo, a dire la verità, non è che questi ragazzi di Reggio Emilia mi avessero impressionato più di tanto.
Valutati su di una distanza maggiore, ma forse anche grazie ad un’accresciuta maturità, i Contraddiction Show di questo “Fermare il tempo” appaiono invece come un gruppo discreto, preparato dal punto di vista esecutivo e pure abbastanza impegnato nelle tematiche liriche, come si addice, del resto, a chi s’ispira a Rage Against The Machine e Downset per la sua esibizione.
L’utilizzo dell’inglese (in tre brani, compresa la ghost track) si alterna con qualità a quello della madrelingua, con quest’ultima che incrementa la capacità comunicativa e fa in modo che la band emiliana si avvicini in qualche modo a formazioni di casa nostra quali Magazzini Della Comunicazione o Ariadigolpe, ancora oggi tra le migliori nella tecnica della “denuncia in rima” effettuata su solide strutture musicali.
“La nuova repubblica”, “Nella mia stanza” e “Business war” sono i rappresentanti più opportuni di un melting pot schiumante che combina elementi della cultura hip hop, funky, hard e non prescinde da una certa vocazione più tipicamente hardcore, offrendo complessivamente un prodotto che sa sempre come farsi apprezzare per carica energetica, sensibilità “politico-sociale” e, nonostante un approccio che non è più particolarmente “innovatore”, una propensione alla materia istintiva e per nulla artificiosa.
Qualche tempo fa si parlava di una “musica globale” che sembrava andare oltre la sua valenza rivoluzionaria in campo squisitamente artistico (ha sicuramente ricoperto un ruolo assai importante “nell’aprire” la mente degli ascoltatori) e contribuire in qualche modo anche alla “ribellione” contro certi aspetti dell’establishment, anche solamente “scuotendo” un po’ le coscienze, toccando i nervi scoperti e “mostrando” le “contraddizioni” del vivere contemporaneo.
Probabilmente non tutto quello che ci si aspettava si è concretizzato, il business ha imparato a metabolizzare (o strumentalizzare?) anche le “contestazioni” apparentemente più scomode e personalmente continuo a pensare che questo modo di concepire il crossover abbia prosciugato le sue migliori risorse negli anni ’90, ma bands come i Contraddiction Show rischiano seriamente, soprattutto se sapranno crescere ancora, di farmi cambiare idea.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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