Che gli ultimi anni siano stati portatori di musica Epic/Heavy metal di gran qualità, è un dato penso oggettivo. Atlantean Kodex, Riot City, Visigoth, Chevalier, Eternal Champion, Traveler, Tanith, e molti altri ancora. Musica dove chi cercava dei pezzi dall’andamento a volte sognante, a volte adrenalinico, e altre volte ancora un mix fra queste due sensazioni, poteva trovarvi per un attimo rifugio. Certo, gruppi di questo genere molto raramente li vedrete mai citati in qualche classifica mondiale, o invitati su canali YouTube molto popolari, ma forse alla fine è proprio quello il bello della ricerca. Trovare, album dopo album, un gruppo capace di farti pensare
“dopo tanta fatica finalmente qualcosa, la cosiddetta scintilla è scattata”.
In quest’ottica si affacciano i
Ryghär, band statunitense formatasi lo scorso anno, e che fra le sue tante influenze presenti in questo debutto
“Thurmecia Eternal”, sceglie di omaggiare in particolare i Manilla Road dall’andamento più Doom, spaziando dai ritmi di “Atlantis Rising”, a quelli di un “Playground Of The Damned”.
Nove tracce per una durata complessiva di 40 minuti scarsi, nei quali i
Ryghär mostrano di aver appreso in maniera eccellente l’insegnamento dei maestri, fra
“Hammer In The Halls Of The Deep” con un riff molto sostenuto che non voglio azzardarmi a dire che potrebbe esser paragonato ad alcune parti dei Bathory della fase 88’-91’, ma mentirei spudoratamente se vi dicessi che durante l’ascolto non mi è saltata alla mente questa associazione.
“In A Land Where The Sun Never Sleeps” ha un bell’andamento quasi maideniano, con delle parti di tastiera che non sono mai troppo onnipresenti e che contribuiscono a creare la giusta atmosfera, come anche in
“A Desperate Plan In The Field Of Battle”, e dove si susseguono scambi di assoli fra i chitarristi
Daggyrd e
Thorigrimm, che proprio nel loro stile compositivo ricordano Mark “The Shark” Shelton. Da citare anche le tre introduzioni acustiche, poste ad inizio, metà e poco prima della fine del disco, che contribuiscono a spezzare per un attimo il mood dell’album, e preparare l’ascoltatore ai prossimi pezzi con le giuste emozioni.
“Thurmecia Eternal” potrebbe sembrare un disco facile da ascoltare, complice anche la sua brevità (intesa in un periodo dove la durata normale di un album si aggira sull’oretta scarsa), ma non fatevi trarre in inganno. I
Ryghär dimostrano di avere il talento per sapersi muovere con abilità su questi territori musicali, e se sapranno costruire un loro sound più personale nelle prossime pubblicazioni, allora sarà da tenergli gli occhi (e le orecchie) puntati.
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