Copertina 9

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:1984
Durata:32 min.
Etichetta:Durium Records

Tracklist

  1. STREETS OF DANGER
  2. I'M LEAVING YOU
  3. WARTRAINS
  4. TOO YOUNG TO DIE
  5. PRETTY HEARTBREAKER
  6. THE HUNTER
  7. DON'T LET YOUR MASTER DOWN
  8. GAME OVER

Line up

  • Domenico "Mimmo" Prantera: bass
  • Lio Mascheroni: drums
  • Stefano Tessarin: guitars
  • Ruggero Zanolini: keyboards
  • Pino Scotto: vocals

Voto medio utenti

Se i Vanadium sono ricordati per essere stati la band heavy rock italiana di maggior successo di sempre, grande merito va ascritto a "Game Over". Come si ripeteva tanti anni fa, quando le band avevano una durata media superiore ai sei mesi, il terzo album era sempre considerato la prova del fuoco. Quello del "o la va o la spacca", per capirci. Dopo aver impressionato con un capolavoro come "A Race With The Devil", il quintetto milanese si trova infatti davanti alla prova forse decisiva della propria carriera. Quella che li avrebbe confermati come astro nascente del rock duro nazionale, oppure che li avrebbe relegati a temporanea meteora.

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I risultati di "Game Over", sbarazzino titolo proposto dal batterista Lio Mascheroni dopo una partita a flipper, superano ogni più rosea aspettativa. E non solo a livello commerciale. L'album è infatti la prova della maturità compositiva definitiva del quintetto, con una serie di canzoni che sono legittimamente passate alla storia del genere. Un titolo su tutti? Ovviamente "Streets Of Danger". Aperta dalle tastiere di Zanolini e da una chitarra struggente, il riff pizzicato di Tessarin rappresenta uno dei punti più alti dell'hard rock made in Italy. La linea vocale di Pino Scotto, associata ad un testo pungente, amaro, disilluso e pieno di rabbia ("we've got merchants, gamblers, bankers, ramblers, in this market of the dreams"), fa ancora venire i brividi per passione ed intensità. Praticamente un capolavoro, forse "il" capolavoro per eccellenza della scena nazionale. Quasi quattro decadi ci separano dalla realizzazione di questo brano, eppure l'emozione ad ogni passaggio è la stessa di allora.

"I'm Leaving At Last" rappresenta la prima incursione dei Vanadium in un territorio più americano che europeo, soprattutto per quel senso armonico di facile assimilazione, anche se il guitar sound iniziale potrebbe far pensare ad un raid stile Saxon. Con la ballad antimilitarista "War Trains", scelta come brano di lancio per le varie apparizioni televisive, la band inizia a smussare gli angoli più arcigni, un processo che li condurrà a scrivere la hit "Easy Way To Love"; ed in effetti, la sontuosa interpretazione di Scotto, associata agli emozionanti assoli di Tessarin, autorizzano concreti sogni di gloria. Puntualmente realizzatisi con vendite record (55.000 copie solo sul suolo italico), ed un concerto completamente sold out al Rolling Stone di Milano, dal quale verrà estratto il live "On Streets Of Danger" l'anno successivo (1985). Non manca nemmeno una verve maggiormente stradaiola, che ben si manifesta nelle cascate di energia "high voltage" sprigionate dalle fucilate "Too Young To Die" e "Pretty Heartbreaker". Con "The Hunter", torniamo invece alle trame strumentali inaugurate da "Russian Roulette", estratto dal precedente "A Race With The Devil".

Peraltro, "Game Over" è l'unico album dei Vanadium che contiene ben due lenti perché, oltre alla celebre "War Trains", si aggiunge la stentorea "Don't Let Your Master Down", altro highlight che perfeziona ulteriormente la mira in prospettiva classifica nazionale. Tanto che, molto più di "War Trains", potrebbe essere letta come la vera antenata della succitata "Easy Way To Love". La chiusura viene affidata alla scatenata title-track, un hard'n'roll ad elevata velocità, che si configura come il naturale seguito di "A Race With The Devil" (la song). La produzione si svicola dal meraviglioso vintage sound dei primi due dischi, presentandosi più tagliente e fragorosa, in special modo nel suono della chitarra e nel riverbero tipicamente anni 80 della batteria.

Come già sottolineato, "Game Over" abbatte le barriere dell'underground, e stabilisce la legittimità del suono pesante anche presso il pubblico italiano. Senza le solide basi poste dai Vanadium, non si sarebbe mai potuto parlare di "scena metal tricolore": questo è poco ma sicuro.

Recensione a cura di Alessandro Ariatti

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