Wade Black mi fece un'ottima impressione ai tempi di "Astronomica" (1999) dei Crimson Glory, replicando poi anche dal vivo, qualche mese dopo, quando li vidi al Teatro CTM di Rezzato, vicino a Brescia. Successivamente lo persi vista, incrociandolo solo di sfuggita in alcune delle sue incostanti collaborazioni, come quelle con i Seven Witches, i Leatherwolf o i Leash Law.
Ora, i
Chalice of Sin e l'omonimo album, sono invece frutto della recente collaborazione con la
Frontiers Music, e ad accompagnarlo troviamo ben due nostri connazionali, il tastierista
Alessandro Del Vecchio (qui anche al basso e a svolgere il ruolo di produttore) e il batterista
Mirkko De Maio (The Flower Kings), oltre al chitarrista danese
Martin J. Andersen (Meridian e Blindstone). Un assortimento che magari suona un po' strano e sicuramente eterogeneo, ma che pare funzionare, portandoci indietro nel tempo e pure piuttosto lontani dalle sonorità più melodiche cui la
Frontiers ci ha spesso e volentieri abituato. Infatti, iniziale "
Chalice of Sin", ha molto dei Judas Priest della seconda metà degli anni '80 e, grazie ad una non particolarmente invasiva orchestrazione e al chitarrismo di
Andersen, qualcosa degli Stratovarius. E' subito evidente come
Wade Black sia in grande spolvero, sia quando deve spingere e salire di tono sui suoi devastanti acuti, sia quando gli si chiede una maggior enfasi, come già nel caso della successiva "
Great Escape", che si muove dalla parte dei Primal Fear e dei Lords of Black. Un po' a sorpresa, ma anche a sottolineare la varietà presente su questo disco, "
Whisky" influenza il modo di cantare di
Wade Black, qui roco e "alticcio" su un brano spiccatamente Hard Rock. Questa ricerca di varietà, marcata tanto nel songwriting quanto nell'esecuzione dei quattro musicisti, si ripropone per il resto dell'album, tra momenti che, come già segnalato, cercano un punto di contatto tra i Judas Priest e la lezione Power&Speed degli Stratovarius ("
Sacred Shrine", "
Ashes of the Black Rose" e "
The Fight") e quelli accostabili maggiormente allo US Metal ("
Miracle" e "
The Fight"). Non tutte le canzoni sono però allo stesso livello, dato che alcune scorrono senza lasciare il segno (tra questa "
The Show" con i suoi eccessi e i modernismi forzati di "
Nightmare"), mentre le migliori performance collettive le ritroviamo nell'intensa ballad "
Through the Eyes of a Child", con una superba interpretazione di
Wade Black e nei cambi di tempo di una "
I Stand", che richiama i trascorsi del cantante dei Crimson Glory.
Sarebbe un peccato che questo "
Chalice of Sin" restasse il frutto dell'ennesimo progetto da studio, vedremo comunque se avrà un seguito discografico e soprattutto dal vivo.
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