Con la pioggia che scorre lungo le mie finestre, la nebbia in lontananza ed il clima sempre più freddo, l'ascolto di
"Enfin Morte", nuovo EP per gli svedesi
Vanhelga, è una esperienza ancora più appagante di quanto non lo sarebbe stata con condizioni meteo differenti.
Il particolare mix di depressive rock, depressive black metal, schizofrenia, sadica ironia e trovate in qualche modo sbilenche, infatti, viene sublimato dall'abbraccio dell'autunno dando la possibilità al gruppo di prenderci per mano e di accompagnarci nel loro universo fatto di mestizia, follia, melodie sofferenti, oscura crudezza, inattesa dolcezza ed una carica negativa che trova il suo climax, paradossalmente, nell'atteggiamento strafottente che è facile cogliere in ogni brano di un album malato ma, contestualmente, affascinante proprio come lo sarebbe un animale velenoso per attirare le sue, ignare, prede.
La musica dei
Vanhelga, in qualche modo erede dei migliori Lifelover, non è semplice da comprendere: non perché sia complessa, anzi, ma perché risulta assolutamente necessario entrare in sintonia con un suono che non ha una sola direzione e che è capace, con sconcertante sfrontatezza, di passare da brusche inflessioni black metal al cantautorato di classe come se la cosa fosse normale e come se l'ascoltatore fosse preparato ad una cosa del genere, il tutto, lo sottolineo, all'insegna della propria ispirazione e del rifiuto di compiacere chicchessia, cosa che è indice di passione e sincerità.
Del resto, intitolare un pezzo
"Finally Dead" e metterci dentro un'allegria quasi reggae vuol dire fare ciò che si vuole senza guardare in faccia a nessuno.
E questo, ai
Vanhelga, riesce davvero bene e con grande qualità.
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