Il fenomeno del
rock “occulto” pilotato da una voce femminile ha assunto proporzioni importanti e diventa davvero difficile emergere da quello che si può tranquillamente definire uno dei
trend musicali dei nostri tempi.
I
Mama Doom ci provano escludendo le chitarre dalla loro proposta, puntando sulla pesantezza del basso e della batteria e lasciando poi alle fascinose traiettorie del sintetizzatore il compito di completare l’effetto conturbante.
Al di là di questo aspetto esecutivo comunque abbastanza “anomalo” per un genere in cui i
riff perniciosi e i liquidi e i fumiganti assoli chitarristici sono parte integrante del canovaccio espressivo, ad attrarre è la capacità del gruppo nel costruire melodie al tempo stesso morbose e adescanti, ottimamente coordinate dalla voce di
D. Lolli, che aggiunge sfumature timbriche ereditate da
Siouxsie,
Inger Lorre e da
Patti Smith, da aggiungere a quelle mutuate dalle “solite”
Grace Slick e
Sonja Kristina.
L’abilità comunicava della “sacerdotessa” americana è evidente fin da “
Batshit crazy” possente atto d’apertura di “
Ash bone skin n stone”, in cui il canto evocativo e febbrile della nostra si staglia sulla suggestiva linea armonica delle tastiere e sul magnetismo edificato su di un’ipnotica struttura ritmica.
In “
Vodka” il clima si scurisce ulteriormente e il contributo di
Chuckie Rumbles e
Smak diventa ancora più apprezzabile, e se “
Blood moon” tende a ripetere un po’ troppo il canovaccio stilistico fin qui esposto, in “
Indigo” (in grado di evocare certe soluzioni soniche targate The Breeders) e “
Slither” ad affiorare è un intrigante influsso
alternative/new-wave, edificato nuovamente sull’irretente ugola di
D. Lolli, intrisa di dolcezza, tenebra e intensità.
“
Oh, Lucifer” e la vagamente Ghost-
esca “
Cherry" sono forse i momenti dell’opera in cui si coagulano al meglio tutte le intriganti caratteristiche del trio statunitense, e anche “
Werewolf”” piace per la notevole tensione emotiva trasmessa da una linea melodica ancora una volta piuttosto attraente.
Per aspirare al
Pantheon del settore ai
Mama Doom mancano un pizzico di “messa a fuoco” e una maggiore varietà compositiva, ma il tentativo di “distinguersi” è sicuramente da accogliere con benevolenza e considerazione, in un panorama musicale che ha un estremo bisogno di uscire dalla consuetudine e trovare alternative intelligenti (non necessariamente “rivoluzionarie” …) allo stereotipo imperante.
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