Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2002
Durata:48 min.
Etichetta:Relapse
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. OL’ UNFAITHFUL
  2. MOTOR-READY
  3. SHAPESHIFTER
  4. WHORE ADORE
  5. HUNTING BY ECHO
  6. BECK AND CALL
  7. TWILIGHT ARRIVAL
  8. ESTEEM FIEND
  9. S.S.D.D.
  10. AMOUNTS THAT COUNT

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Quattro albums completi, una bella manciata di mini e split cd, decine di partecipazioni a compilation e tributi assortiti, centinaia di concerti in giro per gli States, in pochi anni d’esistenza i southern stoners Alabama Thunderpussy hanno mostrato una prolificità notevole, un iperattività sul modello delle punk bands senz’altro derivante dalla lontana esperienza del chitarrista fondatore Eric Larson con gli Avail. In effetti tracce di attitudine punkeggiante fanno da sempre parte del rustico sound proposto dal gruppo, giunto finalmente ad ottenere il meritato contratto con una label più visibile. L’inserimento nel catalogo Relapse non ha snaturato i fondamenti musicali della formazione di Richmond, anche se una spolverata più metal è stata data almeno in superficie, che rimangono quelli di un grezzo, ruspante, brutale heavy rock colorato a tinte sudiste e totalmente predisposto all’assalto frontale. Questo nuovo episodio parte subito forte con il gran lavoro della coppia di abrasive chitarre impegnate nel rifferama di “Ol’unfaithful”, brano dall’impostazione classic metal addirittura vagamente Maideniano, ma con la seguente “Motor-ready” si torna subito allo stile sporco caratteristico del gruppo, una fangosa botta vicina allo sludge eccellente per un sano headbanging grazie al drumming sfrenato di Cox. Il tocco di Re Mida Billy Anderson, stakanovista dello stoner, esalta la voce alla nicotina di Throckmorton ed il piccolo cantante si impegna a massacrarsi le corde vocali per donare un piglio cattivo a “Shapeshifter” interpretata ai limiti del growl ed altra mazzata ultraheavy. I Virginiani comunque sanno bene da dove vengono e non hanno mai nascosto il loro orgoglio sudista, così spingono al massimo nel southern doom “Whore adore”, esempio di ciò che loro definiscono “moonshine metal”, oleoso e denso come melassa, e si superano con la pacata cadenza di “Twilight arrival” amara e notturna atmosfera ricca di drammatica sospensione come ci hanno abituato da tempo le grandi bands confederate. Ancora brillanti sia “Esteem fiend”, un altro blocco di riffs pesanti una tonnellata, sia la frustata di “S.S.D.D.” dove compaiono alcuni sprazzi solistici poco usuali per gli Alabama probabilmente iniettati dalla lead new-entry di Ryan Lake, prima di concludere con un “extravaganza” bluegrass a colpi di dobro e banjo in pieno clima western.
Per chi conosce bene questo gruppo possiamo dire che in “Staring at the divine” sono stati amalgamati la rozzezza dei primi lavori con il dinamismo del precedente “Constellation” garantendo un passo avanti in fatto di qualità. Per coloro che non li conoscono affatto è il momento giusto per avvicinarsi ad una delle migliori formazioni underground della scena statunitense in grado di offrire emozioni forti e canzoni incandescenti.

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