Prodotto da Dan Hawkins ( chitarrista e fratello di Justin ), il nuovo lavoro della istrionica band inglese è senza dubbio quello più metallico in assoluto.
D'altronde il titolo stesso "
Motorheart" fa venire subito in mente i
Motorhead e Justin Hawkins ha ammesso di aver trovato ispirazione proprio nella band di Lemmy per il titolo del disco.
Pur senza aver abbandonato la vena melodica, i falsetti, i cori e l'ironia di fondo che li ha sempre contraddistinti, questa volta i
The Darkness hanno decisamente schiacciato sul pedale dell'accelerartore nel comporre le 9 canzoni di "
Motorheart" ( che diventano 12 coi brani "Y
ou Don't Have To Be Crazy About Me… But It Helps", "I
t's A Love Thang (You Wouldn't Understand)" e "
So Long" nell'edizione deluxe purtroppo non in mio possesso).
Il disco si apre con la celebrativa "
Welcome Tae Glasgae" un omaggio a Glasgow e alla Scozia in particolare, definita da Justin come uno dei migliori posti dove suonare soprattutto per una band inglese, ed è subito The Darkness-style con un giro di basso di Motorhediana memoria, chitarre ruggenti, vocals istrioniche e le cornamuse di sottofondo, semplicemente irresistibile.
Le melodie ed atmosfere kitch che ricordano i Queen - da sempre marchio di fabbrica dei The Darkness - sono molto più sfumate in questo lavoro che invece predilige ritmiche sostenute, riff di chitarra potenti e secchi e sfuriate metal ( "
Nobody Can See Me Crying", "
It's Love, Jim").
Non abbiamo vere ballads, seppure i Nostri le abbiano sempre composte in modo egregio, ed anche i pochi brani tranquilli hanno una ritmica sostenuta ("
Jussy's Girl", "
Sticky Situations"), le vocals di Justin sono la marcia in più grazie alla grande estensione, agli acuti e ai falsetti che denotano la grande duttilità del frontman che, non dimentichiamolo, è pure autore dei solos di chitarra sempre tecnicamente eccelsi.
Nei
The Darkness convivono due anime, quella più metal di Dan Hawkins e quella più melodica del fratello, e dalla loro unione nascono brani grandiosi come l'up tempo di "
The Power And The Glory Of Love" ( chi ha detto Ac Dc?), e soprattutto il piccolo, grande capolavoro rappresentato dalla titletrack, un'opera che unisce grinta, melodia, chorus teatrali, cori, accelerazioni e rallentamenti spettacolari, il tutto condito in salsa prog-metal.
Davvero non si può chiedere di più ad un album che non stanca mai ed anzi diventa più accattivante ascolto dopo ascolto.
Finchè ci saranno gruppi come i
The Darkness, il Rock non morirà mai
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