Ohhhhhh, finalmente un po’ di sana ultra violenza vecchio stile! Non volevo credere alle mie orecchie quando ho iniziato ad ascoltare il nuovo EP dei
Black Hosts: un tuffo violentissimo nel passato remoto del thrash metal, quando l’importante era pestare duro senza preoccuparsi troppo di melodie e partiture arzigogolate.
Gli elementi che richiamano i grandi del passato ci sono tutti: riff serratissimi, ritmiche velocissime perennemente in tupa-tupa, assoli taglienti come lame e perfino la voce urlata, con i classici strilletti acutissimi a fine strofa!
Mi sembra stupido, a questo punto, dover sottolineare l’assoluta mancanza di originalità dell’EP, è chiaramente un continuo richiamo al putridume della prima metà degli anni ’80, ma la cosa importante è che pur nel loro essere derivativi, i brani funzionano alla grande. Il fatto poi che siano solo tre aiuta certamente nell’ascolto, probabilmente, se si fosse trattato di un full length, alla lunga avrebbero rischiato di stancare, ma in questo casa va benissimo così.
Speed/thrash metal all’ennesima potenza, quindi, con le solite incursioni black (sempre quello primordiale, sia chiaro), testi alcolici, corna al cielo e testa che rischia di staccarsi dal collo, visto che di dare respiro i quattro polacchi non ci pensano minimamente. Sono infatti ridotte al minimo le parti lente, dato che il piede è quasi sempre tenuto sull’acceleratore.
“
Onward into the abyss” è quello che è, un EP di passaggio per la band, in attesa del secondo full length, un passatempo per gli ascoltatori, soprattutto per quelli più veraci e genuini che non chiedono troppo e gli basta avere tra le mani una manciata di canzoni (tre in questo caso, visto che “
Onward into…” è semplicemente un’intro a “
…the abyss”) ben costruite, ben suonate, e soprattutto sincere e strabordanti attitudine, cosa che sempre più spesso manca in tanti prodotti che avranno una rilevanza e un’accoglienza ben più importanti di questo.
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