Tecnica sopraffina, creatività e istantanea capacità comunicativa … elementi difficili da far convivere in maniera equilibrata e illuminata, tanto da rendere tutti quelli in grado di raggiungere l’ambizioso obiettivo un’autentica rarità.
Ebbene, tra questi “eletti” da oggi è necessario annoverare anche i
Cap Outrun, formazione svedese (ma va?) destinata a esaltare i raffinati timpani di chi prova intensi brividi di soddisfazione al solo pensiero di una fusione tra Ambrosia, Saga, Art Of America, Toto, GTR e A.C.T.
In “
High on deception” si possono trovare, appunto, la fantasia del
prog e del
jazz, le melodie vellutate e accattivanti dell’
AOR (compresa la sua “variante”
West Coast) e dosi oculate di dinamismo
hard-rock, il tutto concentrato in policromie sonore sempre bilanciate e “a fuoco”, dove il concetto di “forma canzone” assume peculiarità particolarmente sofisticate e di alta classe.
I curricula di
Andrée Theander (Theander Expression),
Erik Gafvelin Wiss (noto soprattutto per il suo lavoro in “cabina di regia” per Creye, Arctic Rain, …),
Chandler Mogel (Punky Meadows Band, Radio Exile, Outloud, …),
Carl Tudén (ex-Creye) e
Linus Abrahamson (Andromeda, Constancia) avvalorano in qualche modo la fattibilità di una cosa veramente complicata, ma a togliere ogni dubbio arriva “
Crazy enough”, la migliore dimostrazione di come una
band ispirata e determinata possa essere “folle abbastanza” da produrre un
sound al tempo stesso virtuosistico e contagioso.
Un’alchimia che si ripete nella trascinante
title-track dell’opera, mentre a “
Disaster mindset” è affidato il compito di rivelare il lato più malinconico e melodrammatico dei
Cap Outrun, mantenendo intatto l’elevato coefficiente d’inventiva e perizia esecutiva.
L’atmosfera crepuscolare di “
In the shade of the masquerade” avvolge l’astante in un bozzolo di stupore emozionale che prosegue nei brillanti saliscendi sonici di “
Shadows on the wall”, per poi trasformarsi in pura languidezza grazie a “
Our brightest day”, una ballata dal tocco orchestrale tutt’altro che convenzionale.
Imponenti sollecitazioni sensoriali le garantiscono anche la cangiante “
My destination”, la notturna “
Run before we walk” e la sognante “
As long as you believe”, altre eloquenti esternazioni di un discorso artistico forbito, lirico e tuttavia assimilabile, nell’occasione concluso con l’evocativo strumentale “
Dopamine overflow”.
Se vi attira l’idea di una forma di esplorazione musicale effettuata sostituendo le esasperazioni con un’innata sensibilità e un adescante gusto armonico, i
Cap Outrun meritano senz’altro la vostra attenzione.
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