Per quanto un nome come
Nekromant possa far pensare ad una proposta orientata al Black Metal, questo terzetto svedese ci offre un Heavy Metal Old School e soprattutto fortemente caratterizzato da influenze Doom, tra Candlemass e Pentagram, un po' sulla scia dei connazionali Memory Garden e Sorcerer.
Non si tratta nemmeno di novellini, visto che sono in azione da una decina anni, anche se inizialmente noti come Serpent, nome che hanno poi abbandonato vista l'abbondanza di gruppi con lo stesso moniker, infatti, si contano almeno una decina di gruppi che si chiamano così, di cui ben quattro solo in Svezia. Così, dopo aver realizzato un EP e due album sotto questa denominazione, sono poi passati all'attuale
Nekromant, da una canzone del loro esordio "Slaves of Babylon" (2013) e dal titolo del disco successivo, andando a realizzare, oltre alcune uscite minori, altri due full length.
Una discreta esperienza discografia alle spalle, tuttavia ammetto di aver incrociato la loro strada solo in tempi recenti, in occasione della loro rilettura di "Crionics" degli Slayer, in un EP dove si accompagnava alla cover di "Foreverdark Woods" dei Bathory.
E mi avevano subito fatto un'ottima impressione, replicata ora dall'uscita di "
Temple of Haal", che sancisce anche l'inizio della collaborazione con la
Despotz Records, che spero possa aiutare a dare visibilità a una band che se la merita tutta. Infatti, già l'opener "
Sileni" (incalzata dal drumming di
Joakim Olsson e con un lungo assolo di
Adam Lundqvist) dovrebbe essere sufficiente a sottolineare la bravura dei
Nekromant, che poi sulla priestiana "
The Woods" o nei meandri doom e ipnotici di "
Olorin’s Song" e di "
King Serpent" riescono anche a fare di meglio, con il cantato pacato ed evocativo di
Mattias Ottosson (e ci scappa qualche richiamo ad Ozzy Osbourne) a tenere la scena.
Dei tre musicisti,
Lundqvist sembra essere quello in grado di fare la differenza, con un tocco maideniano qua e là (lo strumentale "
Hackle Klint"), lunghe scorribande soliste ("
Nekrolith" o "
King Serpent") ed acustiche ("
Vaenir Dreams"). Ed è sempre lui a drappeggiare le due tracce conclusive, la stessa titletrack, con i suoi chiaroscuri sabbathiani, e infine l'epicità evocativa e sinuosa di "
Behind the Veil of Eyes", che può far pensare ai Candlemass ma soprattutto spingerci ad elogiare i
Nekromant.
E' interessante scoprire anche come i testi di "
Temple of Haal" siano legati alla loro città natale, Vänersborg, che si trova tra due montagne, Halleberg e Hunneberg, e in prossimità del lago Vargön, il più grande della Svezia, tutti luoghi fonti di leggende e miti.
I
Nekromant pur chiaramente votati al passato, sia per l'influenza musicale sia per l'ispirazione lirica, sono il presente e guardano al futuro della scena Metal.
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