La Lunasound sta velocemente prendendo il posto della defunta Man’s Ruin come etichetta d’avanguardia in ambito heavy-psych. Le migliori novità stanno uscendo grazie alla label svedese, e dopo Backdraft, Roadsaw, Holy Moses, ci presenta questo fantastico power trio inglese dedito a sonorità molto antiche. Lo dico subito, per i Gorilla il tempo si è fermato poco dopo Woodstock (l’originale!) e se chiedete al loro leader John Redfern (ex Morticians) quali sono le sue influenze musicali, vi citerà l’enciclopedia del rock anni 60/70 tutto compreso. Chitarra Gibson SG del ’68, basso Rickenbacker 4001, ampli Orange, look da fricchettoni, suoni ed attitudine, tutto serve a ricostruire l’età d’oro del passato ma con una spontaneità e convinzione che allontana ogni pensiero di puro revivalismo. Il disco è straordinario, questi tre giovani riescono a far rivivere sensazioni provate solo con grandi bands quali MC5, Blue Cheer, Grand Funk, The Who, e con una freschezza d’idee sorprendente.
Acid rock, psichedelia, garage-psych, virate doom, soprattutto cascate di rock blues, i Gorilla non si fanno mancare niente, con grinta trascinante e perizia strumentale. L’album è in sostanza una lunga jam dove la polverosa chitarra è protagonista, ma lo è anche il drumming di Guppy da più parti paragonato al mitico Keith Moon e pure la piccola e dolce Sarah dimostra di saper tirare fuori le unghie. Il lavoro omogeneo ed il livello molto alto rende difficile segnalare brani particolari, si può fare però una divisione, cercata dalla stessa band, tra i pezzi che sfiorano le radici del sixties-sound, brillanti, dinamici, come “Good time rockin” e “She’s got a car”, caratterizzati da ruvida energia e melodie di rapida assimilazione, e quelli più orientati verso tematiche cupe, Sabbatiane, quali “Nowhere to go but down” o “Acorn brain”, i cui riffs paiono davvero estratti dal debutto del Sabba Nero. Se si vuole proprio trovare una canzone che riassuma l’essenza dei Gorilla, basta ascoltare la lunghissima “Iron ball”, la prima composta dal gruppo, che trasporta l’ascoltatore in un viaggio-riassunto del rock psichedelico, con porzioni sognanti e rarefatte che invitano all’abbandono, interrotte da accelerazioni poderose che sferzano i nervi, il tutto condito da effetti vocali di gelido delirio “cosmico”.
Per loro vale il discorso fatto per i Firebird, quando ci sono classe e passione si può ricreare la magia ed il feeling del passato senza scadere nel grottesco scimiottamento. Se credete ancora in un suono caldo, emozionante, libero, e nell’atmosfera del grande rock al di fuori del tempo, non potete rinunciare a lavori come questo.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?