“
The secret of the sky” … un titolo quasi “profetico”, giacché i lombardi
Firehouse sono stati per molto tempo uno dei “segreti” meglio custoditi di quel “firmamento” di stelle più o meno brillanti che hanno affollato negli anni ottanta / novanta il
rockrama italico, spesso fagocitate dal “buco nero” del pregiudizio, dei mezzi limitati, dell’ingenuità e dell’approssimazione.
E, nello specifico, parliamo di un astro piuttosto sfavillante, giunto agli “onori della cronaca” dopo un misterioso
demo in condivisione con gli svizzeri White Sensation e autori di un albo di debutto eponimo (pubblicato nel 1988, il quale riprendeva i quattro brani della suddetta cassetta dimostrativa) suonato egregiamente, prodotto e registrato in maniera piuttosto professionale, pieno di canzoni davvero efficaci fin dal primo contatto.
Il “mistero” del perché tutto questo non fu sufficiente a garantire al gruppo la meritata notorietà s’infittisce, dunque, ulteriormente … il genere proposto - un
hard melodico con influssi
pomp - l’impossibilità di esibirsi con continuità dal vivo, la nascita e il successo dei Firehouse americani a creare “confusione” … è difficile oggi stabilire con precisione i motivi che hanno consegnato “
Firehouse” allo
status di “
cult-album”, ruolo gratificante solo per i pochi che sono stati in grado di apprezzare quei dieci frammenti (più
intro) di splendida musica ispirata da Van Halen, Rainbow, Europe, Dokken e Scorpions.
Alimentato dalla voce espressiva di
Enzo Caruso e dalla chitarra sensibile e virtuosa del fratello
Frank il programma irrompe nei padiglioni auricolari degli appassionati del settore con il
riff tagliente della già citata “
The secret of the sky”, sviluppato poi attraverso una melodia contagiosa e un ritornello vischioso.
La magniloquente “
Open your wall”, lo spumeggiante carattere
anthemico di “
Way out for freedom” e "
Dreaming black” e le pulsazioni frenetiche di “
Break the bonds” aggiungono altre imponenti scosse sensoriali, favorite anche dal romanticismo non stucchevole della pianistica “
Pray” e dalla passionalità della formidabile “
The day of your power”, in cui affiorano suggestivi influssi
prog.
La
band deve a questo punto far fronte a problematiche professionali e personali che la allontanano dalle scene, e quasi a “sorpresa”, nel 1994, arriva “
Labyrinth”, un disco che, in un momento non particolarmente ricettivo per questi suoni, propone fatalmente una versione maggiormente “consapevole” dei
Firehouse, impegnati a rendere ancora più consistente la loro interpretazione dei dogmi del
class-metal, ottimamente rappresentata da gioiellini come “
I need the fire”, "
Striking” e “
Fly by night”, mentre a “
Calling your name”, “
Running into danger” e all’afflato epico della
title-track dell’opera è affidato il compito di attrarre al contempo i sostenitori di
Y. J. Malmsteen e Rainbow.
“
A dream again” esalta l’animo
progressivo di una formazione capace, con “
The colour of your kiss”, di ammiccare con un certo buongusto alla solarità dell’
AOR yankee, lasciando ben sperare per dei futuri passi artistici che,
ahimè, non si concretizzeranno mai (se non, in ambiti espressivi diversi, nelle nuove esperienze musicali targate Arachnes e Thunder Rising).
In un’epoca in cui il “recupero storico” è ormai talmente diffuso da non essere sempre pienamente giustificato, il lavoro di riscoperta della
Music for the Masses, che decide di offrire in una sontuosa versione rimasterizzata l’intera discografia dei
Firehouse, è pertanto da annoverare tra le encomiabili operazioni di valorizzazione di un patrimonio sonoro che rischiava di rimanere confinato nei ricordi di qualche (
attempatello …) indagatore dello
chic-rock …
ergo, sia che vogliate rinfrescare la memoria e sia che siate interessati ad ampliare le vostre conoscenze, non fatevi mancare “
The story of Italian A.O.R. band 1987-1994”.