Gli
Heart Line sono francesi e suonano
AOR, ispirandosi a maestri come Journey, Foreigner e Bad English … ammetto di essermi avvicinato al gruppo con la speranza di aggiungere il suo nome al novero dei pochi in grado di insidiare l’egemonia scandinava di settore e invece mi sa tanto che bisognerà puntare su qualcun altro per mettere in difficoltà in maniera consistente i dominatori melodici della vecchia Europa.
Le undici canzoni di “
Back in the game” dipingono, infatti, l’immagine di una
band discretamente preparata (soprattutto il chitarrista e
mastermind Yvan Guillevic e il tastierista
Jorris Guilbaud), ma troppo vincolata ai
cliché più scontati del genere, incapace di “dominarli” adeguatamente intridendoli di quei “guizzi” espressivi che fanno la differenza in ambiti stilistici così collaudati e consolidati.
L’ugola di
Emmanuel Creis, inoltre, seppur dotata di un timbro gradevole, non aiuta la “causa” attraverso trame vocali non sempre “a fuoco” (la prova nella romantica “
Once in a lifetime”, per esempio, è assai apatica, per così dire …), emotivamente efficaci e sufficientemente carismatiche.
Intendiamoci, i transalpini non sono certamente i più scarsi del
rockrama internazionale e complessivamente non è impossibile lasciarsi avvolgere dal clima crepuscolare di “
Fighting to live” e di “
Hold on”, per poi magari finire di apprezzare anche la Europe-
esca (!) “
One night in paradise”, la grinta di “
Firedance” (potrebbe piacere ai
fans degli Scorpions …) e la pulsante eleganza di “
I long to rise".
Altrove, “
I’m in heaven” e la
title-track dell’opera cercano di ricalcare il celebre modello del “crescendo alla Journey” senza la dovuta tensione, la notturna “
In the city” è un omaggio ai Foreigner privo del necessario
pathos, l’afflato “enfatico” di “
On fire” ha un che di artefatto e il tentativo di approccio al
prog-metal di “
Stranger in the night” appare incerto e quantomeno fuori luogo.
In definitiva, credo che quanto proposto al momento dagli
Heart Line sia troppo poco per ambire a posizioni di vertice e forse anche solo per salvarsi dall’indifferenza … i ”primi della classe” possono dormire sonni tranquilli.
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