I
V-HAJD, attivi dal 2013 esordiscono già l'anno successivo con il Mini "The First Strike", cui segue però un lungo silenzio discografico, interrotto poi nel 2019 da diversi singoli e ora, sul finire del 2021, dall'album "
No Man's Land".
La formazione è rimasta la praticamente la stessa, ad eccezione del cantante, infatti, sulla titletrack, piazzata direttamente in apertura, possiamo già vedere all'opera il francese
Derek Rock (alias di
Eric Vonthorn) subentrato a Holger Fehrke-Berger nel 2018. Ma non è che il nuovo vocalist susciti chissà quale impressione, complice un brano piuttosto sonnolento, pur all'insegna di un Classico Heavy Metal di chiaro stampo europeo, che ha qualche scatto solo quando si destano le chitarre dei fratelli
Wilkens. Il più noto dei due è indubbiamente
Harry, che ha suonato nei Destruction sul finire degli anni '80, suonando sia su "Release from Agony" (1987) sia su "Cracked Brain" (1990).
"
No Man's Land" non ha comunque nulla a che vedere con il Thrash, nemmeno quando i ritmi si fanno più serrati, come nella seguente "
Good Luck in Hell", ritmata e con accenni jazzy e qualche accelerazione prestiana, o sulle speedy "
Hag Riding", "
Cannibal Greed" o nella conclusiva "
Le Misanthrope" (cantata in francese), brani dove
Derek Rock sembra più a suo agio.
L'intro orientaleggiante crea qualche aspettativa in più, e in effetti "
Gods of the Nile" si rivela un buon episodio articolato e con un passo Progressive Metal che può ricordare la proposte di band come Masterplan o At Vance, mentre la seguente "
Hedonist" vede i
V-HAJD alla ricerca di un approccio più scanzonato, seppur in maniera confusa, circostanza che si replica anche su "
Mockery", dove si cerca di convivere Metal e Funk. Meglio la resa della più classica ed anthemica "
Borderless Metal" o della rockeggiante "
Endless Horizon", episodi che se da una parte mettono in difficoltà
Derek Rock dall'altra valorizzano il solismo di
Harry Wilkens.
Nel suo complesso "
No Man's Land" lascia intravedere più ombre che luci.
Metal.it
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