Venator - Echoes From The Gutter

Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2022
Durata:46 min.
Etichetta:Dying Victims Productions

Tracklist

  1. HOWL AT THE RAIN
  2. SEVENTH SEAL
  3. RED AND BLACK
  4. NIGHTRIDER
  5. MANIC MAN
  6. MADE OF LIGHT
  7. THE RISING
  8. THE HEXX
  9. STREETS OF GOLD

Line up

  • Stefan Glasner: bass
  • Jakob Steidl: drums
  • Leon Ehrengruber: guitars (lead)
  • Anton Holzner: guitars (rhythm)
  • Johannes Huemer: vocals

Voto medio utenti

Esaltato ai limiti della turgidità del membro dopo l’ascolto di una loro canzone presente in uno split con gli Angel Blade dell’anno scorso (questa), attendevo questo debutto dei Venator con una certa dose di curiosità e speranza.

Il disco è arrivato e direi che andiamo bene. Piuttosto bene. Vediamo di parlarne brevemente.

La band austriaca con il suo Echoes from the Gutter non propone nulla di nuovo o particolarmente ricercato, ma a noi amanti del metallo classico questo non interessa, a noi importa quanto sudore ci buttano dentro, se le canzoni sono ben fatte, se l’energia sprigionata è tangibile… Insomma, se i pezzi sono in grado di accenderci.

I suoni e la proposta dei Venator potrebbero essere idealmente collocati nel periodo ’84-’88, con il caratteristico riverbero nella voce, le canzoni costruite in modo semplice e diretto e senza orchestrazioni. Della serie: attacchiamo il jack e cominciamo A FARE IL METALLO.
Quello che mi ha colpito del disco è il gusto melodico delle chitarre che trovano soluzioni sempre piacevoli ed una costruzione degli assoli con temi portanti attorno ai quali si sbizzarriscono ma senza mai strafare. La voce di Huemer non si distingue per estensione o capacità tecnica ma è assolutamente adeguata, riconoscibile ed ha un gran carisma, così come il basso che si sente ribollire con forza per tutto il lavoro.
La doppietta di canzoni all’inizio del lavoro fa già spuntare un bel sorriso e, proseguendo con i brani, si sentono echi di Nerino Senzalegge nella voce ("Red and Black"), qualche influenza Maiden (mai fastidiosa), qualche riff di ispirazione Saxon e si viaggia tra up-tempo e mid-tempo senza mai esagerare con la velocità. Ne escono brani davvero molto belli e totalmente figli degli anni ottanta come “Nightrider” oppure “Seventh Seal” e l’esaltazione all’interno di certi pezzi ti prende e ti accende spesso.
MA.
Perché prima ho scritto che andiamo PIUTTOSTO bene? Beh, il problema che ho individuato in questo disco è una certa mancanza di spinta, attribuibile ad un lavoro scolastico della batteria e ad arrangiamenti in alcuni casi poco ricercati. Se Echoes from the Gutter fosse uscito nell’84 staremmo parlando di un disco eccellente, ma già i suoni scelti sono un po’ datati e se si somma una certa scolasticità di scelte, si rischia la prevedibilità ed un pizzico di stanca. Non pretendo Jarzombeck o Zonder, ma l’assenza di un motore trainante in certe parti e la mancanza di accenti qua e là a dare dinamica, penalizzano i brani.
Queste critiche le faccio perché questi ragazzi hanno del potenziale e con pochi accorgimenti potrebbero decollare. Si tratta sempre del primo full length in studio, hanno tutto il tempo di aggiustare un pochino il tiro e passare allo step successivo. Per ora possiamo goderci un gran bel disco, davvero molto piacevole, il che non è poco.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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