Opera prima per questo quartetto nostrano originario del Friuli-Venezia Giulia.
I ragazzi debuttano sotto l’egida della
Punishment 18 con un lavoro che è intriso di old school black metal.
Ma non si tratta di riferimenti legati alla seconda ondata scandinava degli anni novanta, quanto invece a quella precedente dei primi eighties, soprattutto gli svizzeri
Celtic Frost.
La band ormai defunta creata dal compianto
Martin Eric Ain e
Thomas Gabriel Fischer è un nume tutelare dei nostri, basta ascoltare il disco per capire i chiari riferimenti.
All’oscura titletrack che apre il debut, pezzo strumentale dotato di epicità nera come il carbone, alla veloce “
Baron blood” dal suono della chitarra compresso e distorto riconoscibile tra mille.
La band ha anche come influenza il cinema di genere, quello che i critici con la tipica puzza sotto il naso l’hanno declassato come serie B; difatti ci sono delle citazioni precise riferite ai registi come
Bava senior,
Avati,
De Ossorio e non solo.
Bella acida ed inquietante la strumentale “
Timor mortis morte pejor”, con un coro sussurrato da brividi e chitarre impazzite che portano alla veloce “
Thousand cats”; brano dall’influsso thrash per certi versi con un bel growl acido.
Qua e là spuntano per il disco degli assoli di natura estrema dove la melodia è un pallido ricordo malato; chiude il lavoro la personalissima rilettura estremizzata a dovere della sempiterna “
The passion of lovers” dei
Bauhaus dal riff inconfondibile.
Morale della favola, discreto esordio ma ci sta; manca un pizzichino di personalità in più ma siccome è un album di debutto, i ragazzi si faranno perché le qualità si sentono.
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