Piccolo passo indietro per la band di
Roine Stolt, che con il nuovo
“By Royal Decree” non riesce a bissare la compattezza e la scorrevolezza del suo
predecessore.
Dal punto di vista strettamente musicale non ci sono novità sconvolgenti, anzi, siamo di fronte al “solito” progressive rock titanico, ben suonato e ben prodotto, in cui parte del divertimento sta nello scovare le fonti più o meno esplicite delle singole tracce. Se nei momenti più brevi e disimpegnati è difficile non pensare ai Beatles (
“We Can Make It Work”, “Letter”), nei tanti episodi medio-lunghi aleggiano gli spettri di
Yes (
“Peacock On Paradise”, “Open Your Heart”), Genesis (
“The Soldier”), Focus (
“Revolution”) e
Kansas (
“Evolution”).
L’epicità regna sovrana (
“The Great Pretender”), con qualche debito verso Canterbury (
“Blinded”), mentre delle canzoni più soffuse a spiccare è
“A Million Stars”, sfaccettata ma elegante. Chiude il cerchio
“Funeral Pyres”, atipica per gli standard dei
The Flower Kings, caratterizzata da un groove insolito e originale.
Per chi nel progressive non cerca più l’effetto “wow”.
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